26-Jun-19 · Separazione, perdita e lutto
Il lutto, dare tempo al dolore
Il lutto comporta un lungo percorso emotivo per integrare la perdita della persona cara. Cosa fare per essere di supporto.
“Finirà mai, questo dolore?”, è la domanda che mi sento rivolgere più spesso quando lavoro con persone che stanno affrontando un lutto. “Mi sembra impossibile poter tornare a stare bene”, “Come farò a vivere senza di lui?”, “Conosce qualcuno che ha superato un dolore così grande?”: la perdita di una persona amata è uno degli eventi più stressanti che possano colpirci e costringe a confrontarci con vissuti di abbandono, separazione, perdita, colpa, paura per la nostra integrità e il nostro futuro.
Il lutto è un percorso lungo e faticoso, un lavoro psicologico che permette di “far morire” la persona perduta dentro di sé, per far nascere con essa una nuova relazione interiore, mantenendone vivo il ricordo e conservando la capacità di amarla. Alla fine di questo percorso saremo in grado di accettare la perdita e di tornare a poco a poco a vivere, gioire, fare progetti; il ricordo della persona morta sarà meno pungente e più dolce. Ma prima è necessario passare attraverso fasi dolorose in cui non ci sono concessi sconti: prima lo stordimento, l’incredulità, il “non può essere vero”, il vedere il suo volto tra la folla o sentire le sue chiavi girare nella toppa anche se sappiamo che non è possibile; poi lo struggimento, il desiderio bruciante di poter avere di nuovo un contatto; la rabbia – compresa quella verso la persona morta che ci ha abbandonato-, il senso di colpa, i rimorsi e i rimpianti; la depressione e la disperazione in cui tutto appare vuoto, spento, privato di senso. Solo dopo arriva l’accettazione, ma “l’unico modo per smettere di soffrire, è riuscire a soffrire”. Il lutto richiede tempo. Oggi al dolore del lutto si sovrappone invece la pressione a “stare bene prima possibile”. Scomparsi quasi del tutto i rituali del lutto che sancivano una condizione riconoscibile da tutti (i segni esteriori come il vestirsi di nero per un certo tempo), che regolavano cosa fosse opportuno o meno fare (l’astenersi dal partecipare ad eventi mondani, ad esempio), che davano anche un contenimento alla sofferenza codificandola in forme condivise ( la vestizione della persona morta, la veglia funebre, il funerale), oggi il lutto è un affare sostanzialmente individuale. Alcune usanze erano discutibili e da un lato è sano che oggi ognuno possa scegliere e seguire il modo che sente più vicino a sé per vivere il periodo del lutto: se per una persona è impensabile uscire a cena con gli amici poco dopo la morte, per un’altra può essere un modo per avere almeno un temporaneo sollievo. Per altri versi, però, la perdita di un codice condiviso fa sentire l’esperienza del lutto più solitaria e ancora più insopportabile. Inoltre la tendenza a evitare più possibile l’esperienza del dolore fisico e mentale eliminandolo con farmaci o con qualunque altro mezzo si estende anche al lutto spingendo ad accelerare il ritorno alla normalità interferendo con un processo che possiamo dire autocurativo. “Sono venuta da lei perché sono ancora depressa e non va bene… sono già tre mesi che mio figlio è morto, devo reagire!”. Tre mesi per la morte improvvisa di un figlio giovane non sono niente, bastano appena per accorgersi che è successo davvero. Eppure molte persone non sanno che è normale stare male per un anno e oltre dopo la morte di una persona cara, o anche se lo sanno, finiscono per dubitarne sotto la pressione di familiari, amici, conoscenti che li spronano a “tirarsi su”. Il lutto segue il suo corso. Il supporto psicologico nella maggior parte dei casi ha una funzione di accompagnamento e sostegno attraverso le diverse fasi. A volte è necessario un lavoro più terapeutico quando il lutto si complica: la persona rimane bloccata nella rabbia o nel senso di colpa, oppure non riesce a lasciar andare il proprio caro e congela il dolore, non riesce ad andare al cimitero o a togliere anche un solo oggetto appartenuto alla persona morta; o ancora, si stordisce con farmaci o alcol o comportamenti autodistruttivi per non sentire la sofferenza; oppure non riesce a gestire la separazione da qualcuno con cui aveva un legame conflittuale.
Chi vuole essere di sostegno a qualcuno in lutto, può farlo permettendogli di esprimere tutto il cordoglio e riconoscendo il significato della sua perdita, dandogli il tempo per esprimere il dolore, lasciandolo parlare della perdita perché questo aiuta a realizzarla ed elaborarla, aiutandolo ad accettare i sentimenti anche negativi che spesso fanno sentire in colpa, come la rabbia o il senso di sollievo dopo la morte di una persona che magari ha vissuto una lunga agonia. Soprattutto, chi vuole aiutare può offrire la sua presenza anche silenziosa, la sua gentilezza e il suo ascolto: ciò di cui una persona in lutto ha più bisogno.