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06-Oct-19 · Amore, coppia, fertilità

Senza figli per scelta

Le donne che non vogliono avere figli sono oggetto di stigma sociale, suscitano sospetto e diffidenza e sono considerate in qualche modo patologiche.

“Avete figli?”, chiedo a una coppia durante il colloquio di accoglienza che faccio con ogni nuovo paziente che arriva in reparto. “Ehm, no,” si sovrappongono entrambi imbarazzati, “ma non perché abbiamo problemi ad averne…ecco, veramente…noi stiamo bene così, lo sappiamo che è una cosa strana, non volere figli…penserà che siamo degli egoisti…forse avremo avuto qualche trauma da piccoli…non sappiamo perché, ma noi stiamo bene anche senza figli. Ora lei ci dirà che non siamo normali, che siamo immaturi, che siamo…”. “E chi ha fiatato! Saranno pure fatti vostri”, mi viene di getto di interromperli, con una battuta non propriamente ortodossa, e il loro viso si allarga di stupore e sollievo: “Ah, scusi! Sa, siamo così abituati a sentircene dire di tutti i colori che ormai abbiamo quasi paura a dirlo”.
Succede a molte delle persone che decidono di non avere figli, e soprattutto succede alle donne. Vengono spesso accusate di essere egoiste, superficiali, di pensare solo al lavoro o a divertirsi o a non deturpare il proprio corpo, di non volersi assumere responsabilità. Sono colpevolizzate da parenti e amici che chiedono “Allora, cosa aspettate?”. “Ma una donna senza figli, è incompleta!”, “Una vita senza figli non ha senso”, “Te ne pentirai, non sai cosa ti perdi”: i commenti ripropongono l’idea che la completa realizzazione di una donna sia nella maternità. Le donne che non sentono il famigerato “istinto materno” sono considerate in qualche modo patologiche, suscitano sospetto e diffidenza. Oppure si pensa “Dice così ma se la racconta, poverina, sicuramente è perché non può averli”.
Sono tanti i motivi per cui una persona può decidere deliberatamente di non avere figli. Può sentirsi appagata dalla sua vita, dal suo lavoro, dalle sue passioni e desiderare mantenere questo equilibrio; può temere di dover rinunciare a spazi personali; può pensare di non avere le qualità che ritiene necessarie per essere un buon genitore; può non provare alcun interesse per i bambini; può amare moltissimo i bambini ma decidere di dedicarsi a quelli degli altri, come i nipoti, o facendo ad esempio l’insegnante; può sentire il peso di una scelta così irreversibile; può non essere convinta della solidità del rapporto di coppia.
Quando una donna dice “Preferisco non mettere al mondo dei figli perché non mi sento all’altezza e credo che non sarei una buona madre”, o “Ho paura di ripetere con un figlio la sofferenza che ho subito io nella mia famiglia”, di solito si sente dire “Ma dai, saresti perfetta, tutte fissazioni le tue”. Sebbene forse con un lavoro su di sé potrebbe modificare questa percezione di sé e cambiare idea, tuttavia il punto è che il suo pensiero non è visto anche come una consapevolezza dei propri limiti e come una assunzione di responsabilità verso un nuovo essere umano, ma solo come segnale di qualcosa che non va in lei. La società sembra non poter accettare l’idea che si possa scegliere autonomamente di non essere madri, e che questa possa essere una decisione e non una rinuncia. Non perché si è costrette a scegliere tra lavoro e famiglia, non perché non ci sono servizi, non perché si è rimandato e ora è tardi, ma proprio perché “Non voglio.”.
I miei pazienti, sia donne che uomini, alle prese con la decisione di non generare, si trovano a riflettere sulle loro scelte in modo maturo, forse anche più di molti che mettono al mondo figli sottovalutando l’impegno della genitorialità. A nessuno che voglia fare un figlio si chiede “Perché lo vuoi?”, mentre chi decide di non averne è costretto a misurarsi con le domande degli altri, che poi diventano anche le proprie, a vivisezionare le motivazioni, a scandagliare dentro di sé paure e bisogni. Un percorso che in realtà sarebbe auspicabile anche per chi sceglie di diventare genitore, per una piena assunzione di responsabilità, perché le motivazioni che portano a volere un figlio non sono sempre così sane, e non è detto che “donare la vita” sia di per sé dimostrazione di generosità e capacità di amare.
Esiste un vero stigma sociale che spinge a conformarsi alla maternità come condizione necessaria; probabilmente, alcune donne che in realtà non vorrebbero essere madri, finiscono per fare figli “perché così si è sempre fatto”, non riuscendo ad emanciparsi da una pressione esterna ancora molto invasiva. Si tratta di passare dal concetto di maternità come destino a quello di maternità come scelta. Ciascuno dovrebbe sentirsi libero di generare o meno secondo esigenze del tutto personali, secondo i propri tempi, slegando la propria identità dal ruolo di madre o padre, sentendosi libero di riempire la sua esistenza come meglio crede.

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Signorina lei ha bisogno d'affetto

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