23-Jul-22 · Amore, coppia, fertilità
«Io ti aiuterò, e allora tu mi amerai»: la sindrome della crocerossina
Alcune persone si dedicano totalmente ai bisogni del partner, annullando i propri, nel tentativo di assicurarsi amore.
Si chiama “sindrome della crocerossina”, e non “del crocerossino”, non solo perché le infermiere volontarie della Croce Rossa impegnate in guerra, a cui fa riferimento, erano appunto donne, ma perché nella maggior parte dei casi riguarda soggetti di sesso femminile. Non mancano uomini con queste caratteristiche, ma le donne sono più predisposte per motivi socioculturali.
Con il termine “crocerossina” si definisce infatti quella persona che tende ad annullare sé stessa per accudire altri, per soddisfare i bisogni di altri a scapito dei propri, e le donne sono più a rischio di sconfinare in questa sindrome perché sono culturalmente più incoraggiate ad essere accudenti e protettive e a focalizzarsi sulle necessità degli altri, a sviluppare ascolto ed empatia, a sostenere.
La crocerossina rivolge le sue attenzioni al partner, ai figli, ai familiari, agli amici, ai colleghi, anche a sconosciuti in cui percepisca un bisogno, ma è soprattutto nell’ambito della coppia che manifesta la sua tendenza ad accudire e soccorrere. Anzi, la stessa scelta del partner è fortemente influenzata dal suo bisogno di prendersi cura di qualcuno, indirizzandosi verso partner problematici, sofferenti, con difficoltà di varia entità, da immaturità, a disturbi come alcolismo o tossicodipendenza o depressione.
Occuparsi di un altro bisognoso la fa sentire utile o persino indispensabile, appagata, forte, migliore. La propria felicità corrisponde alla felicità dell’altro e non sussiste di per sé, la vita non ha un senso autonomamente, senza un altro a cui dedicare i propri sforzi. Alla crocerossina non pesa sacrificarsi o annullarsi per l’altro, non ne vede gli aspetti disfunzionali e svantaggiosi, perciò non ha intenzione di cambiare.
La sua stessa idea di amore comporta una dose di sacrificio, nella convinzione che esso non possa essere incondizionato e gratuito ma debba essere guadagnato e comporti normalmente sofferenza. “Io ti aiuterò, e così tu mi amerai”, questo è il pensiero che muove i comportamenti accudenti della crocerossina. “Io mi sacrifico per te, perciò tu non potrai abbandonarmi”: lo scopo, spesso inconscio, è scongiurare l’abbandono e la solitudine, garantirsi il legame rinunciando ai propri bisogni. Questo significa arrivare a tollerare anche soprusi e maltrattamenti, per scongiurare l’abbandono. La crocerossina non riesce a vedersi sola, senza qualcuno su cui riversare il suo affetto.
Dietro l’apparente dedizione all’altro, si cela quindi una realtà più sfaccettata e anche meno moralmente nobile, in quanto si tratta di una fantasia di onnipotenza (“Grazie a me finalmente sarai felice”, “Dopo tante sofferenze in me troverai l’amore vero”, “Grazie a me metterai la testa a posto”) e di un tentativo di manipolazione dell’altro: “Io mi prendo cura di te e in cambio tu non mi lascerai mai”. L’altro viene usato per appagare il proprio bisogno di sentirsi importanti, ed è destinato a restare bisognoso, perché se non lo fosse più, la relazione perderebbe il suo senso, la missione della crocerossina si sgretolerebbe.
Si tratta di una dinamica relazionale in cui quindi l’altro non può evolvere, stare meglio, maturare, ma è condannato a restare in una posizione di inferiorità. Più l’altro sta male, più la crocerossina trova un senso alla propria vita. La crocerossina è insomma dipendente dalla dipendenza dell’altro bisognoso, anche se superficialmente tutto questo sfugge alla consapevolezza, sia degli interessati che degli altri, che vedono solo una persona tanto buona e altruista pronta a darsi totalmente, una persona forte e determinata animata dal desiderio di aiutare: un’immagine che gode di una considerazione sociale positiva.
Perché si diventa crocerossine? Può essere un modo con cui si compensano deprivazioni e vissuti di abbandono patiti nella propria storia personale, che hanno portato alla convinzione di non meritare amore. La persona che sviluppa questo atteggiamento, può non aver ricevuto cura dalle figure che dovevano occuparsi di lei, o può aver assunto un ruolo genitoriale che non le spettava. Da una parte cerca di procurarsi in questo modo l’amore che non ha ricevuto, e allo stesso tempo, prendendosi cura di un altro, è come se accudisse la parte bisognosa di sé, in una sorta di auto-cura.
La crocerossina è inconsapevole dei propri bisogni, e quando ha bisogno di qualcosa, nessun altro se ne accorge e se ne occupa, in primo luogo lei stessa. Non sa ascoltarsi, osservarsi, formarsi un’immagine autonoma di sé stessa.
Aiutare gli altri non è di per sé sbagliato, ma dipende dalla motivazione che porta ad aiutare e dal modo in cui lo si fa. Un altruismo sano si pone un limite, aiuta gli altri ma non si annulla per non perderli, aiuta per il loro bene e non per paura, e contempla la reciprocità. Così come un amore sano contempla lo scambio equo, in cui i bisogni di entrambi hanno la stessa importanza e nessuno deve rinunciare ai propri.