23-Jul-22 · Amore, coppia, fertilità
Conflitti di coppia, le distorsioni cognitive che li favoriscono
La comunicazione nelle coppie conflittuali presenta un massiccio uso di distorsioni cognitive, messe in atto in modo automatico.
Le distorsioni cognitive sono modalità di pensiero disfunzionali in cui la nostra mente può incorrere e che ci inducono a interpretare in modo disadattivo le situazioni che viviamo. Le distorsioni producono ad esempio percezioni e aspettative distorte all’interno delle relazioni, contribuendo ad alimentare sofferenza e conflitto nelle coppie in crisi.
Gli scambi comunicativi che avvengono nella vita quotidiana delle coppie in crisi sono infatti popolati di questi processi disfunzionali, che sono messi in atto in modo automatico e che si manifestano prepotentemente anche durante gli incontri di psicoterapia di coppia. A volte sono così frequenti che costituiscono la maggior parte della battute tra i partner. Uno degli obiettivi della terapia è proprio rendere la coppia consapevole di queste distorsioni per sostituirle con modalità comunicative più funzionali.
Quali sono le distorsioni cognitive più frequenti nella comunicazione delle coppie in difficoltà? Una distorsione tipica è l’ipergeneralizzazione, ovvero il trarre conclusioni generali a partire da uno o da pochi episodi, con un uso massiccio di termini come “mai”, “sempre”, “tutto”, “niente”: «Tu non mi aiuti mai», «Tu mi svaluti sempre», «Tu non fai mai niente per me», a cui l’altro controbatte cercando di portare prove contrarie. La lamentela non resta circoscritta al comportamento specifico, diventa pervasiva e vengono ignorate tutte le altre occasioni in cui il partner si è comportato diversamente. Al contrario, il singolo episodio è utilizzato come prova che conferma la propria convinzione.
Nella lettura del pensiero, uno attribuisce all’altro pensieri, giudizi, intenti, emozioni pensando di conoscere il suo stato mentale senza che sia stato espresso esplicitamente, senza riscontri concreti, o malgrado le affermazioni contrarie dell’altro: «So cosa stai pensando», «Tu stai cercando di umiliarmi», «Anche se dici il contrario so che mi stai giudicando un fallito», «Anche se lo neghi so che sei arrabbiato con me». Il pericolo di questa distorsione è che può diventare una profezia che si autoavvera, portando l’altro a sperimentare davvero i pensieri o le emozioni che gli vengono attribuiti.
La personalizzazione consiste invece nel pensare che tutto ciò che l’altro fa sia in relazione a sé stessi, anche quando i motivi sono altri ed esterni alla relazione: «Non hai mangiato il dolce che ho preparato perché sei arrabbiato con me!», «Sei andata a dormire presto perché non avevi voglia di stare con me», «Sei tornato dal lavoro più tardi solo per farmi un dispetto», senza prendere in considerazione ipotesi alternative.
L’astrazione selettiva è il cosiddetto “cercare il pelo nell’uovo”, ovvero fissarsi su un solo aspetto, di solito un dettaglio negativo di una situazione, ignorando tutti gli altri aspetti positivi: «Hai fatto tu le pulizie di casa ma hai lasciato il piano cottura sporco, sei sempre il solito inaffidabile», «Hai rovinato una festa bellissima indossando quell’abito fuori luogo!», «Avevi detto che avresti dedicato a me tutto il pomeriggio invece hai risposto alla telefonata del tuo amico!». Il “neo” su cui ci si fissa è proprio il dato che va a confermare le proprie convinzioni e il partner, malgrado ogni impegno, vive costantemente la frustrazione di non vedere riconosciuto il suo sforzo.
Nei conflitti di coppia avviene molto spesso anche un etichettamento reciproco, ovvero si trascende da singoli episodi e situazioni per affibbiare all’altro un’etichetta globale che lo definisce come persona in modo drastico, indipendentemente da altre sue qualità. Così, piuttosto che dire, ad esempio, «Sono stato ferito da questo tuo comportamento», si attacca l’altro con un «Sei un egoista!», o, a seconda delle circostanze, «Sei un insensibile», «Sei una fallita», «Sei un prepotente» o altre affermazioni che tipicamente iniziano con un “Sei”.
Spesso nella comunicazione tra partner in crisi i fatti non sono trattati in modo equilibrato, ma sono oggetto di esagerazione o minimizzazione, dove vengono esagerati gli aspetti negativi («Hai fatto un errore imperdonabile, terribile, devastante», «Il tuo gesto mi distrugge, mi annienta») e sminuiti quelli positivi («Lo hai fatto solo perché eri costretto», «Il tuo gesto mi ha fatto piacere, sì…ma non hai fatto un grande sforzo!»).
Le doverizzazioni sono invece convinzioni su come le cose dovrebbero essere e funzionare nelle relazioni: «In una coppia ci si dovrebbe sempre dire tutto», «In una coppia che si ama si deve passare tutto il tempo insieme», «Nel sesso è l’uomo che deve prendere l’iniziativa». Doverizzazioni troppo rigide possono portare a malessere e frustrazione se la coppia per qualche motivo non riesce a aderirvi, o a conflitto se i partner portano doverizzazioni divergenti difficili da conciliare.
Diventare consapevoli di questi processi cognitivi permette di non attuarli in modo automatico. Se ci alleniamo a riconoscere il momento in cui li mettiamo in atto, possiamo fermarci prima e provare a riformulare ciò che vogliamo esprimere in un modo più sano e meno distorto, disinnescando una buona parte delle escalation che conducono a scambi distruttivi. Depurare la comunicazione da questi e altri processi distorti è come sottrarre legna al fuoco, togliere il carburante che lo alimenta.