13-Jun-20 · Educazione del bambino
Esami e voti, aiutare i figli a viverli nel modo giusto
Esami e voti devono servire a fare il punto su un percorso svolto e ad evidenziare punti di forza e aree da migliorare.
Tempo di esami e pagelle. Quest’anno ho visto circolare con insistenza, sui social, post con inviti a non drammatizzare l’importanza del voto, brani di psicologi e riflessioni centrate grosso modo su un unico messaggio: tu non sei il voto che prendi. Non ricordo di aver visto tanta attenzione sulla questione negli anni scorsi, segno forse di una maggior preoccupazione per la sensibilità e la fragilità dei ragazzi, dopo tristi episodi di giovani bocciati che si sono persino tolti la vita. Periodicamente si discute anche se sia il caso di abolire esami e voti, perché inutili e, soprattutto, perché esporrebbero bambini e ragazzi ad un giudizio riduttivo, ad ansia e frustrazione, a competizione e mortificazione.
In realtà non è il voto di per sé ad essere buono o cattivo, ma conta il significato che gli viene attribuito dagli insegnanti, dai genitori e dagli allievi.
Il voto è inutile e dannoso se è un mero strumento per fare paragoni tra i ragazzi, per sottolineare l’errore, per catalogare tra intelligenti e stupidi. Per troppi genitori il voto finisce per essere il metro con cui valutano il figlio, rimandandogli il messaggio che dal voto dipende se sono persone che riescono nella vita oppure no.
Succede che i genitori portino da me i figli perché sviluppano ansia e panico quando devono confrontarsi con una prestazione scolastica, oppure sono svogliati e rinunciatari. Pensano di motivare i figli con un «Se non prendi almeno un sette e mezzo in matematica questa settimana non esci», dimenticando tra l’altro che il voto non dipende esclusivamente dall’impegno del figlio. Oppure dicono «Non capiamo come mai nostra figlia sia così ossessionata dal voto, noi non pretendiamo che prenda 8 o 9, non le facciamo mai pressione su questo». Però non si accorgono di mandare in modo più subdolo lo stesso messaggio quando commentano «Ah, hai preso sette di storia, bene…però…è una materia facile, non c’è voluto tanto». O ancora, non parlano di voti ma pretendono che l’impegno sia sempre massimo, «Ogni cosa che si fa, bisogna sempre farla al meglio puntando sempre a dare di più», che forse è ancora peggio che fissare un voto da raggiungere, perché si estende in ogni direzione, in qualunque ambito della vita, alzando continuamente l’asticella verso un meglio irraggiungibile ed esponendo inevitabilmente, prima o poi, alla frustrazione di sperimentare che è uno standard impossibile da reggere sempre. E anche se non vengono nominati i voti, per il figlio la traduzione pratica più ovvia di questo ragionamento è in primo luogo prendere un bel voto.
Il voto è necessario perché serve ad esprimere una valutazione di un livello raggiunto, che sia negli apprendimenti o nel comportamento. A volte rispecchia anche l’impegno messo in un lavoro, quando l’insegnante decide di premiare lo sforzo al di là dell’effettivo risultato. I genitori hanno il compito di aiutare i figli a interpretare il voto non come un giudizio sulla loro persona, ma come una valutazione circoscritta a un lavoro fatto, che riflette l’impegno messo e anche altre variabili non sempre controllabili. Il voto serve per fare il punto di un percorso di apprendimento, vedere gli aspetti di forza e le cose che non hanno funzionato, stimolando a trovare strategie per migliorarle, trasmettendo l’idea che l’intelligenza non è qualcosa di fisso e immutabile ma un concetto flessibile.
Sostenere esami significa verificare il percorso fatto e imparare a confrontarsi anche con risultati deludenti, a tollerare l’errore senza soccombere. Prepararsi implica sforzo e fatica e insegna che, il più delle volte, l’impegno è premiato con il merito. Insegna anche a fare ciò che non piace, a rimandare le gratificazioni in vista di un obiettivo più lontano, allenando a confrontarsi con quello che la vita poi chiederà più volte di fare.