21-Jun-19 · Educazione del bambino
“C’era una volta…”: le fiabe e il loro significato psicologico
Le fiabe rappresentano bisogni e timori dei bambini. Scopri il loro significato psicologico e potere terapeutico.
Cappuccetto Rosso guida saldamente la classifica. Seguono Biancaneve, Cenerentola, La Bella addormentata nel bosco, Pollicino, Il Gatto con gli stivali e Pinocchio. Sono le fiabe più amate e ricordate; entusiasmano i piccoli e affascinano gli adulti, resistendo immutate all’avvicendarsi delle mode e alla concorrenza di nuovi, più tecnologici intrattenimenti.
Vediamo allora cosa le rende tanto attraenti e gradite e perché vi ricorrono elementi spaventosi e crudeli, che suscitano qualche perplessità, tanto da chiedersi se sia opportuno raccontarle ai bambini in tutta la loro schiettezza.
L’origine delle fiabe
Le fiabe rappresentano la conoscenza più antica dell’uomo, al pari di miti e leggende. Le loro radici storiche sarebbero nei riti iniziatici delle tribù primitive, in cui i bambini venivano allontanati dalla madre e isolati in una capanna nel bosco, dove affrontavano prove rischiose, per poi uscirne con lo status di adulti. E l’allontanamento, il bosco, le traversie da superare sono proprio gli elementi che ricorrono in tutte le fiabe. La psicoanalisi, inoltre, ravvisa nelle fiabe una rappresentazione esemplare del nostro mondo interiore, in particolare di quello infantile, con le sue angosce, passioni e difese; ritiene anzi che esse siano originate dalla mente stessa del bambino, o comunque da ciò che del bambino sopravvive nell’adulto. La fiaba propone un mondo magico, senza limiti di tempo né spazio (“C’era una volta”: non si sa di preciso quando, né dove), popolato di oggetti e animali che si animano e spaventano: insomma, un mondo molto simile alla mente del bambino piccolo, tra i tre e i sette anni, e al mondo dei sogni.
La trama
La trama si ripete sempre uguale in tutte le fiabe: un eroe, costretto in una situazione di abbandono, solitudine o pericolo, si avventura in un territorio sconosciuto (il bosco), dove incontra un nemico (la strega, il lupo, l’orco). Da solo o con l’aiuto di entità magiche (fate, maghi, oggetti incantati), il protagonista affonda varie disavventure su cui finalmente riesce a trionfare.
Perché piacciono tanto?
I bambini amano le fiabe perché esse contengono tutto ciò che desiderano sentire e danno voce ai loro bisogni e timori. Il terrore più grande di ogni bambino è essere abbandonato, o trascurato da genitori cattivi. La fiaba propone figure malvagie come le matrigne, le sorellastre, le streghe, gli orchi o i lupi, che simboleggiano proprio il genitore cattivo, e figure benevole come le fate e i maghi che rappresentano il genitore buono. Va detto che nella mente di un bambino piccolo anche la mamma che non arriva immediatamente quando lui ha fame è “cattiva”: tutto ciò che non soddisfa subito i suoi impellenti bisogni diventa cattivo.
Identificandosi con il protagonista e con le sue disavventure, il bambino rivive le proprie paure e frustrazioni, in un modo attivo che gli consente di padroneggiarle e con la rassicurante certezza del lieto fine, in cui la bontà prevale.
Il significato psicologico delle fiabe
Chi non conosce Cappuccetto Rosso? E’ la fiaba in assoluto più nota e ricordata, malgrado sia francamente un po’ insulsa. I bambini piccoli la amano perché, come altre storie di divoramenti, essa ripropone il tema a loro più vicino: mangiare, divorare, e la paura/desiderio di essere divorati. Essere divorato significa tornare nella pancia della mamma, cosa che li attira e spaventa allo stesso tempo. D’altra parte anche noi adulti usiamo espressioni come “Ti mangerei!” quando ci piace tanto qualcuno; il divoramento ha quindi anche una connotazione piacevole ed eccitante.
Biancaneve e La bella addormentata contengono chiari riferimenti alla vita amorosa e sessuale. La gelosia della matrigna per la bella figliastra adolescente, il divieto a Rosaspina di filare (non a caso usiamo il termine “filare” per indicare un rapporto amoroso) e la punizione con il sonno-morte per aver curiosato giocando con un fuso (oggetto palesemente fallico…), per non dire dei sette nani, che hanno ispirato più di una rivisitazione in chiave pornografica: tutti elementi che simboleggiano la sessualità, da tenere a bada e rimandare a tempi più maturi e consoni, con l’arrivo del fatidico principe.
Pinocchio è la storia della trasformazione da un burattino irresponsabile a un ragazzo autonomo e giudizioso. E’ una fiaba che contiene elementi piuttosto inquietanti e che non è molto amata dalle bambine, perché molto ricca di riferimenti mascolini (il naso che si allunga non necessita di ulteriori commenti…). Inoltre, essendo basata in gran parte sulla disubbidienza e l’inganno, disturba alcuni bambini che vi sentono un incitamento a comportarsi male. Infine, la fatina appare ambigua e francamente sadica: non apre la porta a Pinocchio in fuga dai ladri e si fa credere morta.
Alice nel paese delle meraviglie è invece la fiaba meno amata dai maschi; rappresenta simbolicamente la trasformazione del corpo femminile nell’adolescenza ed è inquietante perché ricca di fenomeni irreali legati alla follia.
Il potere terapeutico della fiaba
La fiaba contiene emozioni forti come la gelosia, l’amore, l’odio; rappresenta in termini immaginari un conflitto e indica la via d’uscita. Tutti i bambini, inoltre, hanno in sé dei normali impulsi aggressivi che temono inconsapevolmente di non riuscire a controllare; la fiaba consente loro di proiettarli, ossia viverli liberamente attraverso le gesta dei personaggi malvagi e , allo stesso tempo, con la sconfitta della strega e dell’orco, rassicura che la normale parte cattiva di sé può essere tenuta a bada. La fiaba aiuta anche a costruire dei parametri morali: cosa è bene e cosa è male. I personaggi sono completamente buoni o completamente cattivi. Questa contrapposizione così violenta e priva di sfumature appare riduttiva, ma è necessaria al bambino per distinguere chiaramente cosa è giusto e cosa è sbagliato. Solo più tardi gli si potrà insegnare che nella realtà non esistono bene e male allo stato puro e che sentimenti opposto possono coesistere.
E’ giusto spaventare i bambini?
Il bambino che si spaventa per la fiaba in realtà è già spaventato da altro. La psicoanalisi suggerisce che le fantasie dei bambini sono molto meno “beate” di quanto vorremmo credere: sono popolate invece di personaggi paurosi che incarnano le loro angosce di bambini indifesi e dipendenti dagli adulti. La fiaba consente di mettere in scena le angosce del bambino che altrimenti resterebbero indefinite: la paura per l’orco o per il lupo è insomma più circoscritta e gestibile di un’angoscia senza nome. Inoltre la voce rassicurante del genitore che legge la fiaba è un filtro essenziale, una protezione che incoraggia il bambino ad avventurarsi nella storia. Non ha senso, come molti fanno, dire al bambino che la madre di Biancaneve è partita per un viaggio piuttosto che morta, o edulcorare le intenzioni omicide della matrigna! Il potere della fiaba sta proprio nella possibilità di esorcizzare le paure più grandi dei bambini, dimostrando che possono essere superate e che c’è sempre una speranza.