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19-Jun-19 · Educazione del bambino

Nascondere il dolore ai bambini non li aiuta

Nascondere ai bambini la sofferenza non li protegge e li lascia soli con le loro angosce, senza il sollievo della condivisione.

Ho trattato più volte questo argomento, ma non è mai abbastanza. Per scardinare convinzioni profondamente radicate nel pensiero comune occorre un lavoro lungo e paziente, perciò voglio parlarne ancora, anche sulla scia dei drammatici eventi recenti. Il devastante terremoto dei giorni scorsi nel centro Italia ha sollevato, in modo più che mai urgente e doloroso, la preoccupazione per le vittime più piccole e l’interrogativo più pressante in queste circostanze: cosa fare con i bambini? Come proteggerli  dalla sofferenza? Come aiutarli a dimenticare?

In questa come in altre situazioni dolorose della vita, l’impulso degli adulti è di preservare il più possibile i piccoli: non fare vedere, non far sentire, non parlarne, far dimenticare prima possibile.

Nel caso del terremoto, non è stato possibile risparmiare ai bambini l’impatto con il trauma: all’improvviso hanno visto e sentito le loro case crollare, sono rimasti essi stessi feriti, hanno perso i loro familiari e amici. Lo sforzo degli adulti si è concentrato nella direzione di risparmiare ulteriore sofferenza e tornare prima possibile alla normalità, e spesso si pensa che l’aiuto migliore sia non pensarci,  dimenticare in fretta, parlare il meno possibile per non riaprire continuamente le ferite e aumentare l’angoscia.

In altre occasioni, lo sforzo è evitare che il bambino sperimenti l’impatto con una notizia dolorosa, nascondendogli ad esempio che un familiare è malato, ritardando la comunicazione della morte di una persona cara, inventando scuse per giustificare l’improvvisa scomparsa del suo animaletto.

Il tentativo di allontanarli dal dolore però non li aiuta. Quando hanno già subito un trauma, hanno bisogno di elaborarlo, e non di dimenticarlo, perché attraversare la sofferenza è l’unico modo per lasciarsela alle spalle. Elaborare significa tutt’altro che “non pensarci”, anzi, è la possibilità di pensarci con il contenimento e la guida di un adulto calmo e disponibile; è avere la libertà di provare ed esprimere le emozioni di qualunque tipo; è sentirsi dire che quelle emozioni sono normali; è avere il permesso di fare domande sentendo che l’adulto non ne è spaventato; è avere il permesso di fare giochi “strani”, spesso inquietanti agli occhi adulti, in cui il bambino rimette in scena ciò che lo ha colpito nel tentativo di padroneggiarlo.

Quando invece nascondiamo ai bambini che qualcosa di grave sta accadendo intorno a loro e alle persone a cui sono  legati, li priviamo della possibilità di dare un nome all’angoscia che percepiscono nell’aria malgrado ogni sforzo dell’adulto di occultarla, e della possibilità di avere spiegazioni e soprattutto rassicurazione. A un bambino anche piccolissimo non sfugge l’ombra di tristezza del genitore, uno sguardo preoccupato, la risposta sfuggente, e l’incongruenza tra ciò che giustamente percepisce e la negazione dell’adulto lo confonde e lo angoscia, più della verità che gli vogliamo risparmiare.

Spesso non fa domande perché intuisce che questo mette in difficoltà gli adulti, oppure è così piccolo da non avere gli strumenti per tradurre in parole i timori che si agitano nella sua mente. Per cui ha ancora più bisogno di qualcuno che gli dica cosa accade.

E se non diamo ai bambini la possibilità di preparasi  e sperimentare gradualmente il dolore, quando non potremo più nasconderlo gli arriverà addosso davvero con la potenza di un trauma. Pensiamo a come ci sentiamo noi adulti, quando ad esempio scopriamo che ci è stata tenuta nascosta la malattia di una persona cara, o non ci è stato detto che stava per morire: ci sentiamo ingannati, arrabbiati per essere stati esclusi, disperati perché siamo stati privati della possibilità di salutare, di chiudere conti in sospeso, di aiutare, di dire cose importanti, in colpa per non aver fatto niente o per esserci comportati male, senza sapere la realtà. Per un bambino questo è ancora più vero.

Non possiamo evitare ai bambini la sofferenza, ma se la condividiamo  con loro, se stiamo accanto a loro per darle un nome e un contenimento, se trasmettiamo loro l’accettazione del loro dolore ma anche la fiducia nel futuro, li aiutiamo ad affrontarla e superarla.

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Signorina lei ha bisogno d'affetto

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