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21-Jun-19 · Educazione del bambino

Punizioni, quali usare con i bambini?

Come scoraggiare i comportamenti problematici dei bambini? No alla punizione fisica, via libera a sanzioni e rinforzi positivi

I genitori si trovano spesso a dover gestire comportamenti scorretti o problematici dei figli, chiedendosi se sia il caso di castigarli o meno, e in che modo. Esistono diversi tipi di punizione: corporali (sculacciate, schiaffi), psicologiche (grida, rimproveri, isolare il bambino in una stanza buia), sottrattive (togliere un privilegio come guardare la tv o andare al parco), riparative (compensare con una azione buona e desiderabile). Se alcune sono tassativamente da evitare, altre possono essere utilizzate, anche se resta sempre auspicabile prevenire i comportamenti scorretti attraverso la lode e l’incoraggiamento di quelli positivi.

Mai picchiare

Più del 90 % dei genitori usa punizioni corporali per correggere il comportamento dei figli. Nella nostra cultura è considerato normale che un adulto possa dare una sculacciata a un bambino: la maggior parte delle persone ritiene che uno “scappellotto” non abbia mai ucciso nessuno, o che a volte il comportamento del bambino sia così intollerabile da “levartele dalle mani”. Lo scopo della punizione fisica è  causare una sofferenza per correggere il comportamento. In realtà, tutti gli studi dimostrano che si ottiene l’effetto opposto. Picchiare il bambino disobbediente è uno scarico di tensione per l’adulto, che infatti tende a picchiare quanto più perde il controllo, e quanto meno è capace di gestire rabbia e frustrazione. La punizione fisica momentaneamente interrompe il comportamento indesiderato, ma in realtà innesca un’escalation di aggressività. Le botte generano nel bambino confusione, paura e dolore, nonchè risentimento e desiderio di rivalsa.

Un modello aggressivo

Usando la punizione fisica, i genitori offrono al figlio un modello aggressivo di gestione dei conflitti e delle difficoltà, che il bambino applicherà anche con i coetanei. Da un lato al bambino si insegna che non si deve picchiare nessuno, ma dall’altro gli si trasmette il messaggio opposto. Il compito dell’adulto è aiutare il piccolo a gestire le emozioni dando loro un nome e insegnando le risposte adeguate, e dare uno schiaffo quando si perde la pazienza non è un esempio di risposta adeguata. Inoltre, il bambino che  subisce spesso percosse può convincersi di essere una persona cattiva e aderire a questa etichetta: così il comportamento scorretto si stabilizza e cronicizza. Obbedire per paura della punizione, poi, non favorisce l’acquisizione di un senso morale autentico. Minacciare invece punizioni che poi non verranno messe in pratica - abitudine molto frequente- ha molteplici effetti negativi: il  genitore perde credibilità agli occhi del figlio, il rapporto di fiducia si incrina e il bambino impara che è buona cosa sfruttare l’ingenuità e onestà altrui. Anche il ricatto affettivo, apparentemente più innocuo delle percosse, produce in realtà effetti gravi. Dire al bambino “Allora non ti voglio più bene” – oltre ad essere falso-  genera nel bambino piccolo senso  di colpa, insicurezza e paura dell’abbandono. Molti genitori hanno forti resistenze ad applicare una sanzione quale ad esempio vietare la tv per una sera, temendo conseguenze per il figlio, ma non esitano ad utilizzare il ricatto affettivo oppure a mantenere ostilità e rancore per giorni (il “tenere il muso”…), ignorando che questo è molto più dannoso per il bambino.

Che fare se continua a comportarsi male?

Quando l’adulto sente che sta per perdere il controllo rischiando di picchiare il bambino, può recuperare la calma cercando di mettersi dal punto di vista del bambino e considerando i suoi comportamenti in base all’età e ai suoi bisogni. Se è necessario somministrare una punizione, essa non deve comunque mai essere fisica. Le punizioni sono la conseguenza di una regola infranta, quindi vanno applicate solo dopo aver stabilito delle norme chiare su cosa si può fare e cosa no; dovrebbero essere coerenti, condivise tra i genitori ed avvenire immediatamente dopo il comportamento scorretto, perché il bambino, soprattutto se piccolo, ha difficoltà a cogliere il nesso tra il suo comportamento e una conseguenza troppo lontana del tempo. La punizione deve essere commisurata al tipo di azione compiuta dal bambino e non dipendere invece dall’umore del genitore: l’arbitrarietà delle conseguenze confonde il bambino e non lo aiuta a distinguere il nesso causa-effetto tra i suoi comportamenti e la punizione, rischiando di ingenerare un senso costante di minaccia e sospetto.

Diversi tipi di sanzione

Quando è possibile, è bene che il bambino sperimenti le conseguenze delle sue azioni. Se ad esempio continua a sbattere un giocattolo e questo si rompe, non verrà sostituito. Senza bisogno di applicare particolari punizioni, in questo modo semplicemente il piccolo sperimenta che le sue scelte hanno un costo. Un’altra strategia è ignorare il comportamento problematico quando il bambino fa i capricci: se non gli si presta attenzione, il comportamento si estinguerà perché non otterrà l’effetto sperato. È una tecnica semplice ed efficace, ma non utilizzabile se il comportamento è pericoloso o distruttivo. Il rimprovero verbale è una strategia più punitiva; deve essere sempre diretto al comportamento specifico e mai alla totalità del bambino: non dire quindi “sei cattivo”, ma “questo tuo comportamento non mi piace”. Un altro tipo di punizione è la sanzione riparatoria, per cui il bambino deve “risarcire” o riparare la malefatta con un comportamento desiderabile, ad esempio un lavoretto in casa. Altro genere di punizione è il time-out, ovvero l’allontanare il bambino, ad esempio in camera sua, e lasciarlo un periodo di tempo da solo perché sbollisca la rabbia e recuperi il controllo su di sè. Le punizioni sottrattive, prevedono che il bambino ad esempio venga privato della possibilità di giocare con la play station per un certo periodo, o di vedere il suo programma preferito. Queste punizioni sono considerate più accettabili, tuttavia vanno sempre accompagnate ad altre strategie che insegnino al bambino a emettere comportamenti alternativi e più desiderabili. A partire dai 4-5 anni, è possibile discutere e ragionare con il bambino sulle cause e le conseguenze della sue azioni, dargli modo di esprimere le sue recriminazioni o i suoi bisogni e insegnargli a chiedere con le parole piuttosto che con comportamenti inadeguati.

La miglior prevenzione

Ma il metodo in assoluto più efficace è premiare i comportamenti  positivi del bambino. Il genitore tende a intervenire quando il comportamento è disturbante, mentre difficilmente sottolinea l’appropriatezza di un comportamento adeguato: lo dà per scontato. Invece evidenziare il comportamento positivo (il bambino che rimane seduto tranquillo al ristorante, o che non fa capricci al supermercato nel reparto giocattoli), senza dover necessariamente erogare chissà quali premi, ma anche dicendo  semplicemente “Bravo, ti sei comportato davvero bene”, ha un effetto molto potente nell’incoraggiare a ripetere il comportamento positivo. Anche i bambini più disubbidienti e problematici a volte riescono a controllarsi ed è molto più efficace cogliere ed esaltare una di queste occasioni che somministrare cento punizioni esemplari.

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