07-Jul-19 · Famiglia e genitorialità
Mamme, la fatica di lasciar andare
Lasciare andare i figli significa rinunciare al bisogno di trattenerli e di proteggerli. Un passo particolarmente difficile per le mamme...
“In viaggio” è una bellissima canzone di Fiorella Mannoia. Ogni volta che mi capita di ascoltarla, penso ad alcune mamme che incontro nel mio lavoro e alle loro difficoltà. La canzone è il discorso di una madre a una figlia alla vigilia di una partenza, che è poi il viaggio della vita. Sono le parole di una mamma che sta “lasciando andare”: “Domani partirai/Non ti posso accompagnare/ Sarai sola nel viaggio/ Io non posso venire/ Il tempo sarà lungo/ E la tua strada incerta/ Il calore del mio amore/ Sarà la tua coperta/.
Una madre che sa che è ora di fermarsi, che il suo lavoro è compiuto, che non potrà essere lì a sgombrare la strada, a renderla più agevole, a indicare i pericoli; che accetta il rischio di fidarsi nel lasciare che la figlia vada da sé, con la sola intima consapevolezza di averla attrezzata della risorsa più preziosa, il proprio amore, che sarà conforto, guida e riparo sempre presente perché ormai respirato, assorbito, parte di sé della figlia.
La madre della canzone lascia alla figlia dei messaggi, dei principi a cui ispirarsi, la mette in guardia da certi pericoli. Ma la parte che amo di più del testo dice “Ed io ti penserò in silenzio/ Nelle notti d’estate/ Nell’ora del tramonto/ Quando si oscura il mondo/ Quella muta delle fate/ E parlerò al mio cuore più forte/ perché tu lo possa sentire/. Una presenza silenziosa, una base sicura, un porto a cui poter sempre tornare, ma che ti lascia navigare senza interferire, senza intervenire, senza indirizzare troppo. Il figlio è libero di andare ma sa che è sempre contenuto nella mente del genitore, sa che è pensato ed è quella l’ancora che permette di spingersi ovunque.
E penso a tutte le mamme che invece non riescono a lasciar andare, che ai figli hanno dato le radici ma non le ali per volare. Perché lasciar andare è faticoso. Occorre lasciar andare i propri sogni, quello che speravi tuo figlio diventasse fin da quando lo sentivi nella pancia; lasciar andare il bisogno di correggerli, di insegnare, di saperne più di loro, di farli migliorare. Lasciar andare il bisogno di avere qualcuno di cui occuparsi per sentirsi vivi, per avere uno scopo nella vita, per non sentirsi inutili; lasciar andare il bisogno di qualcuno che colmi la propria solitudine o calmi le proprie ansie o, in mezzo tra una coppia in conflitto, eviti che la famiglia esploda. Lasciar andare un figlio fragile perchè possa sperimentarsi nel mondo e trovare anche a fatica un suo posto, resistendo alla tentazione di salvarlo dalle cattiverie e le ingiustizie di quel mondo, imprigionandolo. Lasciar andare il desiderio di trattenerli perché «Dopo tutto quello che ho fatto per te, ora tu devi…»; lasciar andare la paura di trovarsi soli con un compagno a cui non si ha più niente da dire, o la paura di non sapere «Chi sono io adesso, se non sono la mamma di?».
Tutto lo sviluppo infantile è un processo di continue separazioni, ma quando il figlio parte, non lascia solo la sua stanza, lascia anche il ruolo di figlio. Tristezza, vuoto, malinconia sono le emozioni normali in un momento in cui cambia l’assetto della famiglia che non è più basato sull’accudimento genitoriale, su cui si fonda gran parte dell’identità del genitore.
D’altra parte è questa l’occasione per ricostituire una vita affettiva, sociale o lavorativa appagante, per rivolgersi a sé stessi e coltivare i propri bisogni, con la serena consapevolezza che se i figli sono riusciti a spiccare il volo, significa che hanno ricevuto l’amore di cui avevano bisogno.