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21-Jun-19 · Famiglia e genitorialità

Il taglio emotivo: la frattura del legame familiare

Il taglio emotivo avviene quando si chiudono  bruscamente i rapporti con la propria famiglia e  si nega il dolore dietro una ostentata indifferenza.

“I miei genitori? Anni che non li vedo, ma non è un problema, meglio così”, “Con mio fratello non ci parliamo, ognuno per la sua strada, ma non mi manca, sa”, “A sedici anni me ne sono andato di casa, per me i miei sono morti e sto benissimo così”, “Se pensa che io soffra senza di loro si sbaglia di grosso, dottoressa!”. Parole forti che spesso nel mio lavoro sento pronunciare con ostentata sicurezza. Brusche fratture dei legami familiari, strappi dolorosi e prematuri dagli affetti, figli che lasciano casa “sbattendo la porta”. Tagliando ogni legame e frapponendo una distanza geografica, ci si illude di aver conquistato l’indipendenza. Oppure si resta lì, ma il legame si taglia isolandosi emotivamente, con il silenzio, il rifiuto di parlarsi, l’estraniamento tra i membri della famiglia. Ma dietro le parole dure e orgogliose, un grande vuoto e tanto dolore.

Si chiama “taglio emotivo”, e la caparbietà con cui le persone cercano di convincermi che “Però va tutto bene, sa!” vantandosi della loro emancipazione dai genitori, è in realtà la dimostrazione del contrario: la principale manifestazione del taglio emotivo è infatti il negare l’intensità dell’attaccamento emotivo non risolto ai propri genitori.

Il processo con cui ogni persona cresce e diventa adulta è un continuo oscillare tra l’appartenenza e la separazione. L’appartenenza ci trasmette i valori, i modi di pensare, le abitudini della famiglia e del contesto in cui viviamo; la separazione ci permette di costruirci un’identità unica e originale. Appartenenza e separazione procedono di pari passo per tutta la vita, entrambe necessarie per strutturare un’identità differenziata e sana.

Separarsi dalla famiglia è un processo lento, graduale e complicato che porta infine una persona a poter sentire e pensare come individuo separato, potendo dire “Io penso e credo questo”, “Io farò o non farò questo” senza dare la responsabilità ad altri. Ma ci si può separare solo se prima si è sentito di appartenere. Se non ci si è sentiti amati e accuditi, si può andare via convincendosi di poter bastare a sè stessi, ma non sarà un’autonomia autentica.

Dietro l’ostentata facciata di autosufficienza, c’è un grande bisogno di vicinanza che in genere viene riversato sul partner, ma allo stesso tempo c’è anche il timore della vicinanza, come di qualcosa di cui non si ha esperienza. La ricerca di legami compensatori e la paura dell’intimità possono portare a relazioni multiple e infedeltà: “Non so perché ho così bisogno di frequentare tante donne...non è tanto il sesso...io con ognuna cerco una relazione, un rapporto umano, non so come dire, una forma di vicinanza”.

Il rischio di ripetere lo stesso meccanismo del taglio emotivo nelle relazioni future è tanto più alto, quanto più é netto il taglio. Il rischio è un continuo spostarsi da un rapporto all’altro, non solo nelle relazioni affettive ma anche in quelle amicali o nei rapporti di lavoro, tagliando ogni volta il legame precedente e investendo da capo nel nuovo, per poi ancora tagliare quando compaiono difficoltà, conflitti, frustrazione, illudendosi così di non dover affrontare le emozioni dolorose.   Rabbia e delusione vengono allontanate, ma continuano a lavorare dentro come fantasmi che sottraggono energie vitali. Se si sceglie di restare ma isolarsi emotivamente, il prezzo da pagare è alto: per evitare il contatto con le emozioni dolorose, si alza una barriera che però impedisce di provare anche le emozioni positive, provocando una anestesia emotiva.

La vulnerabilità affettiva che soggiace alla fittizia sicurezza si riattiva nel momento in cui si diventa genitori. “Guardi, io le donne posso anche fregarle, ci so fare. Nel lavoro, mi sono fatto da solo, devo tutto solo a me e non temo nessuno.  L’unica che mi mette all’angolo è mia figlia. Con lei non posso barare. Come faccio a darle l’affetto, se non l’ho ricevuto? Io non so come devo fare il padre, non ce l’ho proprio nella testa lo schema di come si fa”.

E’ solo riconnettendosi con le proprie emozioni dolorose, che si può davvero andare avanti. Permettendosi di tornare al momento in cui il taglio è avvenuto, di sentire il dolore e anche di piangere per quello che è mancato o si è perduto, è possibile elaborare e superare. Si può così chiudere la porta senza sbatterla e liberare finalmente energie per sé stessi e per la propria felicità.

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Signorina lei ha bisogno d'affetto

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