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18-Apr-23 · Famiglia e genitorialità

Perchè i figli non sono tutti uguali

Avere un figlio preferito non significa non amare gli altri figli. Si tratta piuttosto di maggiore sintonia, del tutto normale e comune.

Piuttosto la morte. Nessuno lo ammette neanche sotto tortura, almeno all’inizio: “Io, mai fatto preferenze tra i figli!”, “Ah, per me sono tutti uguali”, “Quello che ho fatto per uno, ho sempre fatto uguale per l’altro”, “Ma per l’amor di Dio, preferirne uno, non si dovrebbe neanche pensarlo!”. Me lo sento ripetere sistematicamente nel mio studio. Nessuno confesserebbe mai una predilezione per un figlio, tanto meno nella stanza di uno psicologo, da cui teme di essere giudicato ed etichettato come genitore buono o cattivo. A meno che non si tratti di un figlio malato o disabile, per cui si sente legittimato a provare un affetto speciale e che percepisce come socialmente più accettabile, un genitore normalmente non ammette neanche con sé stesso di avere preferenze riguardo ai figli. Oppure, non è proprio consapevole di averne. Ma se viene aiutato a riflettere sui propri sentimenti e se viene rassicurato che avere un figlio prediletto è del tutto normale e umano, allora spesso riconosce di avere effettivamente un debole per uno dei figli. Ci sono alcuni studi recenti che lo dimostrano, ma l’esperienza quotidiana di qualunque psicologo poteva confermare già da tempo una realtà palese: la preferenza per i figli esiste e la maggior parte dei genitori alla fine la ammette.

I figli non sono tutti uguali perché arrivano in momenti diversi della vita dei genitori, perché nascono con un proprio peculiare temperamento, perché hanno caratteristiche fisiche che li rendono più o meno simili a un genitore o all’altro, perché hanno qualità o difetti che richiamano quelli della mamma o del papà, perché hanno particolari talenti o invece delle fragilità.

Non è in discussione l’amore: a tutti si vuole bene allo stesso modo, di tutti si desidera il bene. Avere una preferenza non significa amare di più uno e di meno gli altri. Ciò che può cambiare tra un figlio e l’altro è piuttosto una sintonia, un’affinità. C’è sempre un figlio che viene sentito più simile a sé, con cui ci si intende più facilmente, o in cui si rivedono aspetti di sé o si ritrovano potenzialità che magari non si sono sviluppate e che si spera trovino una realizzazione in lui. Oppure si crea un legame speciale con un figlio perché è visto come più debole, fragile, bisognoso di protezione.

Se gli altri figli possono sentirsi trascurati e non abbastanza apprezzati, anche il figlio prediletto ha però degli svantaggi dalla sua posizione. Oltre ad avere su di sé la gelosia dei fratelli, può ricevere sulle sue spalle un carico di aspettative e responsabilità pesante e può avere più difficoltà a rendersi autonomo e staccarsi dai genitori.

“Nostra figlia ci accusa di aver sempre preferito il fratello, ma non è vero, abbiamo diviso sempre tutto al millimetro!”; “Il piccolo continua a recriminare per ogni centesimo che diamo al fratello, e dimentica che a lui abbiamo intestato un appartamento!”: molte delle accuse di parzialità mosse dai figli ai genitori ruotano su questioni materiali, denaro, eredità. A volte effettivamente c’è una disparità nella suddivisione dei beni materiali tra i figli, che i genitori giustificano in un modo o nell’altro; molto più spesso però i conti non tornano e le recriminazioni permangono “pure se abbiamo spaccato il capello in quattro”, perché in realtà coprono un altro tipo di richiesta che ha a che fare con gli affetti: quanto sono importante per te? Quanto valore ho ai tuoi occhi? Mi apprezzi? Hai stima di me? Sei orgoglioso di me? Riconosci il mio impegno? Vedi la mia sofferenza? Molte liti di famiglia su questioni patrimoniali hanno in sé una violenza e una rabbia comprensibili solo se si prova a guardare dietro e a vedere nei flussi e negli scambi di denaro o regali le sottostanti correnti affettive, le vicinanze e le distanze, emozioni potenti e primitive che hanno a che fare col riconoscimento della propria identità.

Che fare allora? Si deve confessare una predilezione per un figlio? La cosa importante, è che la si possa confessare a sé stessi: esserne consapevoli, non negarla, accettarla come un sentimento naturale, umano e in definitiva quasi inevitabile. Solo la consapevolezza  permette di gestire il sentimento, di evitare che procuri sofferenza, di compensarlo per controbilanciarlo. Permette di essere più attenti nei comportamenti, evitare che una maggiore affinità per un figlio si traduca concretamente in una disparità di trattamento rispetto agli altri. Non è necessario e neanche utile trattare tutti i figli rigorosamente allo stesso modo e dare a tutti le stesse cose: quel che conta è comprendere i bisogni di ciascuno e cercare di rispondervi nel modo migliore, riconoscendo le diversità e le particolarità di ognuno e valorizzandole, costruendo con ognuno un rapporto unico.

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Signorina lei ha bisogno d'affetto

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