29-Jun-24 · Ansia, depressione, traumi
Depressione: gli errori cognitivi che la favoriscono
Alla base del pensiero depressivo troviamo tipici errori di ragionamento che la terapia permette di modificare.
Di fronte a uno stesso evento stressante, le persone possono avere reazioni differenti, ad esempio alcune possono sviluppare depressione e altre no. Da cosa dipende questa differenza? Secondo la psicologia cognitivo comportamentale, dal modo in cui quell’evento viene interpretato dalle diverse persone, ovvero dal modo in cui viene valutato, dal significato che gli si attribuisce. Non sono tanto gli eventi in sé a provocare o meno le nostre risposte emotive, quindi, ma l’interpretazione che ne diamo in base a cosa pensiamo di noi stessi e del mondo. Alcuni modi sono più funzionali perché più realistici e flessibili, altri sono meno costruttivi. Più il modo di interpretare la realtà è estremo, rigido, inflessibile, comportando reazioni emotive e comportamentali intense, più rischia di diventare disfunzionale, ovvero controproducente, non utile ad affrontare le situazioni quotidiane e gli eventi stressanti, e più rischia di favorire lo sviluppo di un disturbo mentale.
Depressione, la triade di Beck
Lo psichiatra A. Beck, già negli anni ’60 aveva osservato che nelle persone depresse sono presenti pensieri negativi che riguardano tre ambiti: sé stessi, il mondo, il futuro (la cosiddetta triade cognitiva). I pensieri negativi su di sé corrispondono ad un’eccessiva autocritica che si manifesta con pensieri e affermazioni come “Non valgo niente”, “Sono un incapace”, “Sono un buono a nulla”, “È tutta colpa mia”. I pensieri negativi sul mondo si manifestano con la convinzione che il mondo sia ostile e ingiusto, che gli altri sicuramente ci criticheranno, ci giudicheranno male, ci derideranno, saranno delusi da noi ecc. I pensieri negativi sul futuro si traducono in pessimismo e sfiducia: “Andrà tutto male”, “Non c’è soluzione”, “Tanto non cambierà nulla”.
I pensieri negativi innescano un circolo vizioso, perché determinano scarsa autostima e insicurezza, che a loro volta producono un atteggiamento passivo e rinunciatario. Rinunciando a impegnarsi e ad esporsi, diminuiscono sempre più le occasioni per avere esperienze gratificanti che potrebbero disconfermare queste convinzioni, mentre aumentano le occasioni di insuccesso che rafforzano ancora di più i pensieri negativi. Diventa così sempre più difficile uscire dalla depressione.
Le persone depresse tendono ad attribuire a sé stesse la colpa degli eventi negativi, mentre attribuiscono agli altri o al caso gli eventi positivi. Sono quindi molto severe con sé stesse, addossandosi tutte le colpe anche quando non sono le loro e non riconoscendosi i meriti. Inoltre, considerano gli eventi negativi stabili e destinati a durare per sempre e quelli positivi effimeri e temporanei. La triade cognitiva e lo “stile attributivo depressivo” derivano da alcune distorsioni cognitive, errori di ragionamento tipicamente presenti nella depressione.
Gli errori cognitivi nella depressione
Tutti facciamo talvolta pensieri disfunzionali, ma di solito sono in minoranza rispetto ai pensieri funzionali. Nel caso della depressione, invece, i pensieri disfunzionali sono predominanti. Si tratta di errori di ragionamento che si formano fin dall’infanzia e che diventano rigidi e pervasivi, costituendo la base della depressione.
Quali sono gli errori cognitivi più frequenti nel modo di pensare delle persone depresse?
–Catastrofizzare: consiste nel sovrastimare la probabilità che un evento spiacevole si verifichi e nel pensare che le conseguenze di un evento saranno catastrofiche, drammatiche, intollerabili.
–Personalizzare: significa considerarsi responsabili di tutto ciò che di negativo accade anche se il proprio ruolo nel problema è nullo, oppure pensare che un comportamento degli altri sia riferito a sé stessi anche quando non lo è.
–Saltare alle conclusioni: significa arrivare frettolosamente a una conclusione senza avere dati obiettivi, senza considerare spiegazioni alternative, senza mettere in dubbio le proprie impressioni.
–Pensiero tutto o nulla: implica che se commettiamo anche solo un piccolo errore, allora abbiamo fallito completamente; una piccola “macchia” rovina e fa perdere valore a tutto il resto.
–Lettura della mente: diamo per scontato di sapere quello che pensano gli altri; più precisamente, diamo per scontato che pensino male di noi, che ci stiano giudicando, che ci trovino ridicoli o incapaci, che stiano notando che siamo in imbarazzo, ecc.
–Generalizzare: è la tendenza ad applicare a tutte le situazioni ciò che è accaduto una volta, esprimendosi con i termini “mai” e “sempre”. Se una relazione è finita male, pensiamo quindi che qualunque nostra relazione sarà destinata sempre a fallire; se non abbiamo superato un esame, ci convinciamo che accadrà lo stesso per ogni altro esame e che non ce la faremo mai ad arrivare alla laurea.
-Pensare che il passato sia destinato a ripetersi e che sia troppo tardi per cambiare.
–Attenzione selettiva: notiamo, ricordiamo e diamo importanza solo a quelle informazioni che confermano le nostre convinzioni negative, tralasciando tutti gli altri indizi positivi. Ad esempio, stiamo male per l’unico commento critico a un nostro lavoro e tralasciamo i numerosi complimenti ricevuti da altre persone.
–Svalutare e minimizzare i propri successi o le proprie qualità come non importanti o non meritati.
–Dare giudizi su sé e gli altri in termini globali a partire da un singolo comportamento: “Ho fatto un errore, quindi sono un incapace”, “Ho mentito una volta, quindi sono una persona indegna”.
Nel trattamento cognitivo della depressione, la persona è aiutata a riconoscere quali errori di ragionamento utilizza e a rendere meno rigido il proprio modo di interpretare la realtà. Questo non significa banalmente sostituire pensieri negativi con altri positivi, ma avere una visione meno catastrofica degli eventi, poter valutare in modo più obiettivo, essere meno intransigenti nel valutare sé stessi e gli altri, stimare in modo più accurato la probabilità che si avveri quanto temuto, avere aspettative più realistiche e quindi soffrire meno, distinguere ciò che è controllabile da ciò che non lo è, distribuire in modo più equo colpe e responsabilità.