21-Jun-19 · Ansia, depressione, traumi
Depressione in famiglia, come essere di aiuto
La depressione di un membro della famiglia ha conseguenze anche sugli altri. Come comportarsi e cosa dire per aiutare a superare la malattia?
Quando una persona è colpita da depressione, anche chi le vive accanto subisce le conseguenze della sua condizione. Sui familiari grava un fardello molto pesante: la depressione del congiunto influenza negativamente la loro vita lavorativa e sentimentale, suscita ansia e demoralizzazione. Fermo restando che la depressione è una patologia che richiede un trattamento specifico, di tipo psicologico e/o farmacologico, anche le persone che vivono accanto al depresso, con il proprio atteggiamento, possono essere di aiuto nel favorire il superamento della malattia.
Cos’è la depressione
Il termine “depressione” viene spesso usato in modo indiscriminato per indicare diverse situazioni, che vanno dalla normale tristezza per la perdita di una persona cara al comportamento autodistruttivo che può portare al suicidio. Nella definizione corretta, la depressione è un disturbo dell’umore caratterizzato da sintomi come perdita di interesse nelle abituali attività, pensieri negativi, difficoltà di concentrazione, ansia, disturbi dell’appetito e del sonno, stanchezza, tendenza al pianto. Il depresso non riesce a tenere a bada pensieri negativi ricorrenti, come “Non valgo niente”, “Nessuno tiene a me”, “La vita è senza speranza”. Teme di restare solo, di diventare inutile per gli altri.
La depressione può essere associata a una vasta gamma di altri disturbi, e può dipendere da patologie organiche sottostanti, come il morbo di Parkinson. Ha cause molteplici: biologiche, sociali, psichiche, genetiche. Può essere scatenata da eventi di vita stressanti, ma può insorgere anche senza motivi apparenti. Si parla di depressione quando il normale avvilimento provocato da situazioni avverse si complica e si accompagna a pensieri negativi ricorrenti. Inoltre, la depressione vera è diversa dalla normale tristezza che tutti sperimentiamo: è una sensazione di piatto, di vuoto, uno schiacciante senso di disperazione e sfiducia.
La reazione del familiare
Il familiare è incredulo, non riconosce più il proprio caro e vorrebbe che tornasse com’era; si sente impaurito, confuso, escluso; prova rabbia e frustrazione, si sente solo e in colpa . Si sente trascurato, perché il depresso sembra non vedere più gli altri e non preoccuparsi per loro, ripiegato com’è su sè stesso. I figli di depressi, ad esempio, possono sviluppare sentimenti ansiosi e depressivi, disturbi dell’apprendimento e del comportamento, soffrire per l’indisponibilità affettiva del genitore. Inoltre, si instaura tra malato e familiare una sgradevole dipendenza. Spesso il familiare si sente in colpa per non aver riconosciuto i segnali del malessere. In realtà, seppure lo scoppio della depressione non sia un fulmine a ciel sereno ma sia preceduto da una serie di sintomi anticipatori, spesso il malato tende a nascondere i suoi pensieri negativi, ritenendo di dover soffrire in silenzio, o negando anche a se stesso la gravità della sua condizione. Perciò non è affatto semplice, per chi sta accanto, notare segnali allarmanti. Una volta che il disturbo si manifesta, i familiari si affannano spasmodicamente per correre ai ripari, girando da uno specialista all’altro che possa risolvere la situazione, ma occorre frenare, perché la risoluzione della depressione richiede tempo e gradualità.
Cosa dire e non dire
Chi sta accanto a una persona depressa, spesso in buona fede cerca di incoraggiarla con frasi come “Forza, mettici un po’ di buona volontà!”, “Non è così grave”, “Fra un po’ starai bene” “Ora smettila!”. Tuttavia, sarebbe come dire a uno zoppo di metterci impegno per camminare: inutile, perché il deficit non dipende dalla sua volontà. Inoltre, queste parole suonano come rimproveri e peggiorano la condizione del depresso, che ha già un’opinione negativa di sé: rafforzano il dubbio di non avere la forza necessaria per uscire dalla malattia e aumentano la spirale verso il basso di autocritica e disperazione. Il giudizio morale più o meno larvato, che vede nella depressione una condizione deplorevole dovuta a uno scarso impegno del malato, non fa che peggiorare il suo stato d’animo. Meglio allora un silenzio empatico, ascoltare mostrando di capire i suoi sentimenti e di condividerli. Quando il malato dice “Non ti importa niente di me”, o “La mia vita è inutile”, fa recriminazioni o addirittura insulta, occorre fermare l’impulso di controbattere dicendo che non è vero e di spiegarne razionalmente i motivi, perché ciò è perfettamente inutile e anzi dannoso, facendo sentire la persona ancora più incompresa. Piuttosto, cercare di cogliere i sentimenti sottostanti e dire “Lo so che ora ti sembra così, ma insieme riusciremo a superare questo momento”, e assicurare che non lo si abbandonerà. Il contatto fisico, l’abbraccio, gesti affettuosi hanno inoltre un forte potere calmante.
Cosa fare
Il familiare o l’amico deve essere un alleato forte e collaborativo, un punto di riferimento stabile che rassicura il malato che le sue paure peggiori non si realizzeranno. Tuttavia, deve anche prendere consapevolezza dei propri sentimenti e accettarli, sapendo che è normale provare risentimento verso il malato o sentirsi solo e trascurato. E’ importante poter sfogare questi sentimenti con altre persone che siano di supporto: altri familiari, amici, o persone che condividono lo stesso problema. E’ anche importante non accollarsi tutto ma lasciarsi aiutare da familiari e amici, delegare alcune incombenze e stabilire chiaramente un limite alla propria disponibilità.
Essere d’aiuto al malato non significa lasciargli fare ciò che vuole, o sostituirsi a lui nelle sue responsabilità. Si tende a controllarlo continuamente a causa della propria ansia e del senso di colpa e impotenza, ma questo ha l’effetto contrario di avallare la malattia e mantenere la persona in quelle condizioni da cui si vorrebbe farla uscire. Il malato può invece continuare a essere produttivo e assumere le proprie responsabilità anche se è depresso, anzi, scopo di una terapia è proprio quello di accrescere le capacità del soggetto di agire nonostante la depressione.
E’ essenziale che il familiare non ignori le proprie necessità, dedicandosi totalmente al malato, perché rischia una depressione da esaurimento. Continuare a coltivare i propri spazi e passioni è il modo migliore per preservare le proprie energie e tornare anzi ricaricati accanto al proprio caro ed assisterlo in modo più efficace. Quanto alla terapia, se la persona depressa rifiuta di farsi curare, il familiare può cercare di convincerlo manifestando la propria preoccupazione e coinvolgendo anche i suoi amici o altre persone significative, trovando alleati nel medico o in uno psicologo. Occorre essere estremamente fermi, minacciando anche di ricorrere a maniere forti nel caso rifiuti di curarsi. In genere, quando sente una tale risolutezza, la persona depressa si sente quasi sollevata e accetta di farsi curare.