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11-Aug-24 · Ansia, depressione, traumi

Impotenza appresa: subire la sofferenza senza reagire

Dopo aver sopportato ripetute esperienze negative fuori dal proprio controllo, l'individuo apprende a non reagire, anche quando potrebbe.

Alcune persone sembrano non fare nulla per risolvere i propri problemi o per uscire da situazioni negative, anche quando è palese che ne avrebbero la possibilità. Dall’esterno si potrebbe pensare che non vogliano veramente cambiare e stare meglio, che preferiscano fare le vittime. Non è raro che suscitino perciò negli altri anche giudizi negativi e rimproveri per il loro atteggiamento. Queste persone che restano così passive e immobili nei loro problemi potrebbero in realtà essere bloccate dall’impotenza appresa. L’impotenza appresa è lo stato mentale per cui un essere umano o un animale esposto ripetutamente ad esperienze spiacevoli o dolorose, anche qualora potesse finalmente sottrarvisi ed evitarle, diventa incapace o riluttante a farlo e quindi continua a subirle passivamente. La mente apprende che non è possibile un controllo della situazione, che non c’è niente da fare, che ogni sforzo sarà inutile e non resta che attendere l’esito senza poter intervenire, perché non esiste alternativa. Questo spiega perché alcune persone restano in situazioni dannose o di sofferenza pur avendo la capacità di modificarle.

Il concetto è stato introdotto negli anni ’70 da M. Seligman in seguito alle osservazioni fatte sugli animali, in esperimenti che oggi solleverebbero forti obiezioni sul piano etico. Gli studi di Seligman mostrarono come cani e topi sottoposti ripetutamente a stimoli dolorosi (nel caso specifico scosse elettriche) senza avere nessuna possibilità di evitarli, rinunciavano a fuggire e a reagire per evitarli anche quando ne avevano la possibilità. Quindi gli animali avevano appreso che la situazione negativa era inevitabile e che il loro comportamento era ininfluente, per cui smettevano di provare a modificarla, accettando passivamente la sofferenza. Gli stessi studi furono ripetuti sull’uomo utilizzando rumori fastidiosi e ottenendo gli stessi risultati, che nel tempo sono stati integrati da ulteriori informazioni sui processi cognitivi coinvolti.

L’impotenza appresa è caratterizzata da una mancanza di controllo sugli eventi, da uno stato depressivo conseguente alla mancanza di speranza, da una mancanza di motivazione e di reazione, da apatia. Di fronte agli ostacoli, l’impotenza appresa impedisce di utilizzare strategie di soluzione dei problemi e blocca ogni possibilità di  cambiamento. Perché siamo così incapaci di reagire? Si pensa che l’impotenza appresa sia un meccanismo di adattamento che permette di non sprecare le ultime forse rimaste: smettere di lottare inutilmente per sfuggire a qualcosa che è ormai percepito come inevitabile, consentirebbe di preservare le poche energie superstiti e non esporsi a ulteriori rischi.

Ogni situazione stressante che si prolunghi nel tempo potrebbe portare a sviluppare una convinzione di impotenza, che si tratti di eventi della sfera personale, sociale, professionale. Non tutti, però, di fronte agli stessi eventi vanno incontro a questo esito. I personali stili di pensiero infatti intervengono a modulare come l’evento inciderà sulla singola persona. A seconda di come una persona interpreta gli eventi potrà reagire o meno con un senso di impotenza: se attribuisce le cause delle sue esperienze negative a motivi interni, stabili e globali (“È colpa mia, sarò sempre così, sono così in tutto quello che faccio”), svilupperà impotenza con più probabilità rispetto a chi le attribuisce a fattori più esterni, non stabili e specifici. Chi sviluppa impotenza appresa si convince di non poter migliorare, vive un costante senso di fallimento, si sente vittima. Molte caratteristiche dell’impotenza appresa sono simili a quelle della depressione e i due concetti sono strettamente connessi, in un intreccio in cui è difficile stabilire cosa sia causa e cosa effetto.

Come si può uscire dalla condizione di impotenza appresa?

Occorre favorire nella persona l’agentività, ovvero la capacità di agire in modo attivo e trasformativo sul proprio ambiente, la convinzione di poter avere una influenza sugli eventi. Al di là dei risultati finali delle proprie azioni, l’agentività è la consapevolezza di avere la possibilità di intervenire sull’ambiente. Sviluppare agentività significa imparare a percepirsi come dotati di scopi e intenzioni, come capaci di avviare azioni. Per uscire dall’impotenza appresa, sono necessari dei passaggi:
– Come prima cosa è necessario osservare il proprio modo di pensare e parlare, diventare consapevoli di tutte le occasioni in cui in modo automatico si attivano pensieri di impotenza e si utilizza un linguaggio che attiene all’impotenza, come “Non ce la farò mai”, “Tanto non cambierà niente”, “Tanto ogni sforzo è inutile”.
– Una volta divenuti consapevoli dei propri pensieri automatici, il passo successivo è cominciare a metterli in dubbio, a contemplare anche delle alternative, a rendere meno rigida la propria interpretazione della realtà e delle cause della propria sofferenza, a sviluppare un atteggiamento di maggiore accettazione, compassione e incoraggiamento per sé stessi, a relativizzare e sdrammatizzare l’eventualità di compiere errori.
– Cominciare ad agire è un passo fondamentale per sviluppare agentività, anche se sarà difficile perché il cuore del problema è proprio la difficoltà ad attivarsi. Questo diventa però più fattibile dopo i passi precedenti, e soprattutto iniziando da azioni molto semplici e pianificate in modo molto attento, concentrandosi su un’area molto circoscritta da modificare, stabilendo piccoli obiettivi realistici e facilmente raggiungibili. Riuscire ad attivare un piccolo cambiamento farà sentire più capaci e più sicuri e permetterà di procedere a un passo successivo leggermente più impegnativo, in un circolo virtuoso.

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