26-Jun-19 · Psicologia del benessere
“Vorrei”: il dolore e la nascita del desiderio
Molte persone hanno perso il contatto con i loro desideri. Spesso sono i momenti di crisi e dolore a fare luce su quello che veramente vogliono.
Mi capita spesso di pensare che il mio mestiere sia uno dei più belli ed emozionanti, ma ci sono momenti in cui davvero sono convinta che non abbia paragoni. Mi succede tutte le volte che ho il privilegio di assistere alla nascita, o alla ri-nascita, del desiderio nelle persone. Con desiderio intendo tutte quelle aspirazioni autentiche e sane che permettono a ciascuno di realizzare sè stesso, di compiere scelte in sintonia con la propria natura più vera e profonda. Il desiderio va oltre l’appagamento del bisogno: da esso nasce per poi svilupparsi in direzioni infinite e tanto diverse quanto diversi sono gli individui.
Darsi il permesso di desiderare
“Cosa desideri per te? Cosa ti piace?”, chiedo sempre ai miei pazienti. “Eh…bella domanda. Sa che non glielo so dire? Non me lo sono mai chiesto!”, oppure “Me lo sono dimenticato”. Se altri dicono che sono confusi, che non hanno le idee chiare o non hanno ancora deciso, e tuttavia hanno almeno qualche consapevolezza dei propri desideri, queste persone invece non si sono mai neanche soffermate a interrogarsi su cosa vogliono. Hanno aderito da sempre alle aspettative degli altri nel tentativo di ricevere amore e approvazione e di scongiurare l’abbandono e la solitudine. Per alcuni l’idea stessa di poter avere desideri propri è un concetto sconosciuto, una scoperta che richiede un tempo di elaborazione, perché possano finalmente darsi il permesso di percepire il desiderio dentro di sé.
Ritrovare il contatto
Accompagnare le persone nel dare alla luce i propri desideri è un percorso avventuroso, si tratta di fargli largo tra divieti, sensi di colpa, paura di fallire, apatia, difficoltà ad assumere responsabilità. A volte il desiderio è sepolto sotto strati di “Devo”, “Così si fa”, “Si aspettano che io…”, tanto che è difficile ritrovarlo. L’unica strada è provare a scendere nella pancia, lì dove per una frazione di secondo qualcosa si muove, “Sì, mi piace!”o “No, non mi piace!”, prima che venga travolto dai vari “Devo” e “Così si fa”. Le sensazioni della pancia non mentono: si tratta di catturarle e contattarle prima che vengano seppellite. Da fuori si vede quando avviene il contatto, perché per un istante qualcosa brilla negli occhi, un lampo di vitalità che spetta a me riconoscere e mettere subito in salvo per poterlo proteggere, coltivare e rafforzare.
Il dolore e il desiderio
Spesso il desiderio emerge nel travaglio e nel disagio. È nei momenti di snodo e di crisi che da una crepa può spuntare e farsi strada il desiderio. “Al posto di quella mammella che mi mancava, ho messo delle cose che desideravo profondamente, delle cose che ancora non mi ero data e delle quali avevo bisogno”: è una splendida frase di Ada Burrone, fondatrice dell’associazione “Attive come prima”. Quando le fu diagnosticato un cancro al seno all’età di trentasei anni e le venne detto che avrebbe vissuto solo qualche mese, capì che il tempo rimasto poteva essere un tempo pieno, di vita, in cui finalmente assecondare la sua parte più autentica. Ada Burrone è poi vissuta felicemente fino a ottantadue anni. “Mi sono affrettata a vivere come veramente sentivo”, diceva, “ e da allora ogni giorno dico ‘grazie’”.
La malattia e gli altri eventi dolorosi che costringono a confrontarsi con il limite, con la nostra finitezza e con l’urgenza, sono quelli più potenti e capaci di illuminare i nostri desideri con una nitidezza e un’acutezza mai raggiunte prima. Sono specialmente le donne ad aver bisogno di questo doloroso passaggio per arrivare a riconoscersi il diritto di desiderare e scegliere qualcosa per sé: in definitiva, per cominciare a volersi più bene. Paradossalmente, proprio quando dicono “Non sono più io, soffro perché non mi riconosco più”, si apre la strada per un’evoluzione interiore che le conduce a una condizione migliore.
“Io sono questa!”
Pochi giorni fa è tornata a trovarmi una signora. “Sai, ci tenevo a raccontarti una novità. Ho lasciato il lavoro che ho sempre odiato e che tanto mi faceva soffrire. Lo sai, non avevo il coraggio di farlo, avrei avuto tutti contro, è da pazzi lasciare un posto sicuro. Ma ho voluto fare finalmente qualcosa per me stessa. Se non mi fossi ammalata, non avrei mai trovato il coraggio. Questa è stata la prima volta che ho fatto una scelta per me. Mi sento rinata. Faccio cose che non ho mai fatto. Pensa, faccio volontariato con dei ragazzi disabili e mi accorgo che li abbraccio, li accarezzo…io che ero così fredda e controllata! Ho visto una vecchietta che saliva le scale con le borse della spesa e d’impulso l’ho aiutata. Mai fatto prima! Non è che non desiderassi farlo, ma ero come bloccata, imprigionata dentro me stessa. Invece adesso lo sento chiaramente: “Io sono questa!”.