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12-Jun-20 · Psicologia del benessere

Smetti di adattarti se devi rinunciare a te stesso

Sapersi adattare agli altri consente una buona vita di relazione, ma non deve significare tradire il proprio autentico modo di essere.

Quando ascolto le storie dei miei pazienti, e soprattutto quando ne osservo l’evoluzione durante la psicoterapia, mi viene spesso in mente la fiaba del brutto anatroccolo. È una fiaba che amo per diversi motivi, ma soprattutto perché mostra quanto sia importante il contesto. Il brutto anatroccolo è in realtà un piccolo cigno che nasce per errore in un ambiente di anatre in cui viene respinto e deriso, e solo dopo varie peripezie approda nel contesto “giusto”, tra i cigni, dove le sue qualità acquistano un senso, vengono riconosciute e apprezzate. Il piccolo anatroccolo cerca accoglienza e protezione più volte, in contesti diversi, dove tuttavia non può adattarsi e dove gli vengono richieste competenze che non gli appartengono. Nonostante la sofferenza, prosegue nella sua ricerca e finalmente scopre un posto dove può essere sé stesso e dispiegare tutta la sua bellezza.

Anche alle persone accade di passare anni, decenni di sofferenza  prima di scoprire che esiste la possibilità di essere sé stesse. Nel frattempo, si sforzano di adattarsi alle richieste e alle aspettative di altri, tradendo la loro intima natura. Si sentono ripetere per una vita da genitori, partner, amici, colleghi di lavoro: «Su, sforzati di adattarti!», «Sei tu che devi cambiare!». Alcuni hanno una qualche diversità, un’ originalità di pensiero, interessi inusuali, gusti diversi dalla maggioranza. O semplicemente, hanno attitudini o interessi diversi da quelli del partner o dei propri genitori, che però non li accettano e premono perché cambino. «Sei troppo timido, devi sgomitare di più per farti strada nella vita», «Stai sempre per conto tuo, devi socializzare di più», «Sei sempre in giro per i tuoi sport, gli altri mariti stanno di più in famiglia», «Dovresti trovarti un lavoro più prestigioso», «Sei troppo esuberante, dovresti essere più calma», «Sei troppo remissivo, devi farti valere di più», «Dovresti scegliere una facoltà più utile per trovare lavoro». Gli esempi sono infiniti, ma il messaggio che arriva è sempre lo stesso: le tue idee sono sbagliate, quello che ti piace è sbagliato, non vai bene come sei, sforzati di adattarti a ciò che è meglio per te, sforzati di adattarti a ciò che fa la maggior parte della gente.

Sapersi adattare alle diverse situazioni e alle diverse persone è una qualità necessaria e utile per la salute mentale e per buone relazioni con gli altri, ma adattarsi non può significare trascurare sé stessi: il Sé ha bisogno di esprimersi. Lo sforzo di adattarsi allontanandosi dal proprio autentico Sé può portare a insoddisfazione, rabbia, depressione, ansia. Per compiacere le attese di altri e per essere accettate e amate, persone vulcaniche si sforzano di spegnersi, altre tranquille si torturano con stimoli per loro eccessivi, altre soffocano una passione per adattarsi a studi o mestieri che non gli appartengono e poi li portano avanti con svogliatezza e senza impegno.

Se però sono aiutate a fare come il piccolo anatroccolo, a non tradire ciò che sono anche se non ricevono conferme, e a proseguire nel voler esprimere la propria identità, possono scoprire che esiste anche per loro una collocazione, che possono ad esempio trovare un compagno e una compagna che accetta e che – anzi -, magari condivide pure, con cui non c’è da sforzarsi di cambiare: «Mi sembra un sogno, mi pare di rinascere!», «Tutto fila liscio, non sono sempre io quella sbagliata», «Niente più sforzi, i pezzi del puzzle vanno da soli nel posto giusto, non come quando cerchi di incastrare due pezzi che in realtà non vanno insieme!». Le persone così fioriscono, ritrovano serenità, entusiasmo, pace, motivazione.

“Non cedete. Troverete la vostra strada. […] Questo è dunque il lavoro finale della persona in esilio che si ritrova: accettare la propria individualità, l’identità specifica, ma anche accettare la propria bellezza…la forma della propria anima.” (C. Pinkola Estés).

 

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Signorina lei ha bisogno d'affetto

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