09-Jan-21 · Ciclo vitale, eventi e ricorrenze
Anziani, Covid e solitudine
L'isolamento sociale necessario per contenere il virus impatta soprattutto sugli anziani fisicamente ed emotivamente fragili.
«Pronto, ciao papà, che fai?»
«Stavo su Internet»
«Guardavi i video con i gattini?»
«No, leggevo la Presa di Costantinopoli»
«Ah…ehm…bene! Che facciamo a Natale, vengo a trovarvi a casa per farvi compagnia?»
«Mah, non so, sarà meglio evitare rischi, aspettiamo tempi migliori»
«Magari facciamo il pranzo di Natale insieme in videochiamata!»
«Sì, bell’idea…ma a che ora mangiate voi?»
«Verso l’una»
«Ma io a mezzogiorno ho fame! Vabbe’, ci mandiamo le foto del pranzo, che tanto è uguale»
«Ok papà, aggiudicato!»
Mio padre, 71 anni, è tecnicamente un “anziano ai tempi del Covid”, ma di quegli anziani più fortunati che, tutto sommato, stanno vivendo questa difficile epoca senza eccessive ripercussioni. Ha comunque mia mamma accanto, non ha mai sentito il bisogno di una gran vita sociale, ha mille interessi e un’inesauribile curiosità. Pur nella lontananza che prudentemente abbiamo scelto di rispettare in modo rigoroso, dati i rischi del mio lavoro in ospedale, ci sentiamo più volte al giorno, ci videochiamiamo. Come molti della sua età, ha imparato in questa occasione a usare per la prima volta le videochiamate e ora ha anche imparato a spostare l’inquadratura dai quadri sulla parete, con cui ho interloquito sistematicamente nei primi mesi.
Il termine “anziani” copre una fetta di popolazione molto ampia e variegata, in cui rientrano persone attive, autonome e relativamente sane e altre in condizioni molto più difficili, non autosufficienti, ospedalizzate, in situazioni economiche precarie: anziani a più bassa fragilità, sia fisica che psichica, e anziani a più alta fragilità. L’isolamento sociale determinato dal Covid, l’interruzione dei contatti con l’esterno, sono necessari come protezione ma hanno effetti drammatici su chi già da prima poteva contare su pochi contatti essenziali, come le persone allettate, istituzionalizzate o affette da demenze, o su chi aveva già una condizione di malattia o di disagio emotivo.
Il problema della solitudine degli anziani esisteva anche prima del Covid. Giorni fa abbiamo letto la notizia del signore 95enne che, nel bolognese, il giorno di Natale ha chiamato i carabinieri chiedendo che passassero a trovarlo per non festeggiare in solitudine, richiesta imitata il giorno dopo da un altro anziano pugliese, anche lui solo. In realtà, anche quando non eravamo costretti all’isolamento sociale da un virus particolarmente pericoloso per gli anziani, ogni anno purtroppo sentivamo notizie simili.
Una ricerca svolta tra il 2016 e il 2019 dall’Istituto Superiore di Sanità ha riscontrato che il 21% degli anziani non aveva nessun tipo di contatto, né di persona né telefonico, con familiari, amici o conoscenti, una quota drammaticamente alta, e un anziano su 5 lamentava isolamento sociale. Ora, in epoca Covid, l’80% degli anziani riferisce di vivere in condizioni di difficoltà e più della metà ha azzerato la propria vita sociale. Interrompere bruscamente le attività sociali quotidiane abituali può indurre una percezione di perdita di controllo che alimenta l’incertezza, che a sua volta può tradursi in ansia, panico, ipocondria.
L’isolamento sociale è notoriamente un fattore di rischio per la salute sia fisica che mentale, è infatti correlato ad ansia, depressione, declino cognitivo, alterazioni del sonno, della memoria e della concentrazione; favorisce i disturbi cardiovascolari e riduce l’aspettativa di vita al pari del fumo e dell’obesità. Negli ospiti delle RSA, l’interruzione dei contatti con l’esterno ha accentuato agitazione, disturbi dell’alimentazione, delirium. La depressione favorisce di per sé il ritiro sociale, portando a una spirale negativa in cui disturbi dell’umore e isolamento sociale si rinforzano a vicenda.
Per far fronte alla crescente solitudine degli anziani, servizi di sostegno telefonico sono stati attivati da diversi enti e associazioni. Al numero verde per over 65 promosso da Senior Italia FederAnziani, 800.99.14.14, rispondono gli psicologi della Società Italiana Psicologia dell’Emergenza, esperti nel gestire situazioni gravi e impreviste che impattano violentemente sulla popolazione. Se durante la prima ondata molti anziani chiedevano informazioni per questioni pratiche, ora manifestano soprattutto il disagio di sentirsi soli e il bisogno di raccontarsi e di avere compagnia.
Si è riscontrato che gli anziani che nell’epoca Covid hanno la possibilità di chattare hanno meno disturbi dell’umore e meno deficit cognitivi. Le videochiamate migliorano anche la funzionalità del cervello favorendo le funzioni esecutive basate sul linguaggio, cosa che non accade con la comunicazione non mediata dal video. L’accesso a tablet e smartphone dovrebbe perciò essere facilitato più possibile, laddove ci siano le condizioni fisiche per poterne fare uso.
Restare in contatto anche se a distanza migliora enormemente la qualità di vita degli anziani e la loro soddisfazione. Poiché, d’altra parte, la mancanza del contatto fisico è ciò che procura la sofferenza maggiore, soprattutto per gli ospiti blindati nelle case di riposo da molto tempo chiuse ai visitatori, si stanno finalmente moltiplicando in tutta Italia le cosiddette “Stanze degli abbracci” o “Stanze delle carezze”, luoghi separati attrezzati con gonfiabili, divisori in plastica, apposite maniche in cui poter inserire le braccia, per poter di nuovo toccare i propri cari in completa sicurezza e scambiarsi gesti di affetto e tenerezza.