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26-Dec-21 · Ciclo vitale, eventi e ricorrenze

Natale in famiglia, perchè può essere uno stress

Il Natale in famiglia, amplificando aspettative, tensioni e mancanze, rappresenta una fonte di stress e non solo di gioia.

Qualche giorno fa leggevo che secondo un recente studio olandese, trascorrere il Natale con i suoceri altera il microbiota intestinale, favorendo l’espressione dei batteri associati a stress psicologico e depressione! La prova scientifica di ciò che tutti sanno ma che, complice la retorica dei buoni sentimenti, non si può dire: il Natale in famiglia non è sempre un momento di gioia e amore, anzi, è molto spesso occasione di tensioni e stress.

Uno dei motivi di lite più frequenti nelle coppie durante le feste è decidere come dividere il tempo tra i parenti e con chi stare a pranzo o a cena.

La maggior parte delle coppie trova un proprio equilibrio: alcune scelgono di alternare di anno in anno, altre di riunire insieme le famiglie di entrambi, altre ancora preferiscono partire per una vacanza fuori. Non esiste un modo giusto, quanto piuttosto la decisione che rispetta più possibile i bisogni di entrambi.

Conflitti, rabbia e delusioni riguardano maggiormente quelle coppie in cui permangono dinamiche disfunzionali rispetto alle famiglie di origine, tanto che decidere con chi stare è sentito come uno scegliere a chi si vuole più bene. Frustrazioni antiche legate alla storia personale con la propria famiglia vengono facilmente resuscitate dalle feste natalizie e rischiano di riversarsi sul partner, a cui viene richiesta la soddisfazione di bisogni che hanno in realtà radici lontane e di fronte a cui, per quanto impegno si possa mettere, non potrà rispondere in modo completamente soddisfacente. Anche il regalo più bello o la cena meglio riuscita lasciano una sensazione di insoddisfazione, con incomprensioni e litigi, se il partner viene incaricato di risanare mancanze altre, legate alla propria famiglia d’origine.

Durante le feste, aumentano i giorni liberi e si passa più tempo insieme, sia col partner che con i figli. Questo può alterare le routine consolidate, compresi i meccanismi con cui si dosano vicinanze e distanze in un equilibrio tra condivisione e spazi personali.
Maggiore tempo insieme significa anche maggiore necessità di tollerare difetti reciproci e attriti, ritorno a galla di discussioni e problemi rimandati e lasciati in sospeso, mentre rispetto ai figli comporta necessità di gestire da un lato i compiti per le vacanze, dall’altra il tempo libero. Dover comprare i regali, fare la spesa, cucinare, preparare la casa, sono un lavoro aggiuntivo che si affianca a quello abituale e che genera tensione.

genitori separati si trovano a decidere come far passare le feste ai figli, ad affrontare il loro dispiacere nel vivere per la prima volta il Natale senza un genitore, a valutare se è il caso di riunire la famiglia per l’occasione o se è opportuno allargare il contesto includendo i nuovi partner: tutte decisioni difficili da ponderare con attenzione.

I pranzi e le cene coi parenti del periodo natalizio sono argomento ricorrente nei colloqui coi miei pazienti, la maggior parte delle volte in senso negativo. Da novembre a fine gennaio sono il tema dominante e scottante, prima per le preoccupazioni su cosa potrebbe accadere («Stavolta pranziamo da mia madre, chissà mia suocera quanto se la prenderà?», «Ho paura che mi chiedano qualcosa della mia malattia e di scoppiare a piangere», «Se mia zia mi chiederà di nuovo come mai non abbiamo ancora figli, stavolta finirà male!», «Immagino che anche quest’anno mia madre criticherà davanti a tutti quello che ho cucinato, umiliandomi», «Sarà tristissimo, questo Natale senza mio padre, non so come farò a mostrarmi allegra per i miei figli»), poi con i resoconti di quanto realmente accaduto, accompagnati a volte da sollievo, altre da rabbia e amarezza.

Il pranzo di Natale è un rituale familiare che si tramanda e resiste nel tempo perché ha una funzione sociale molto importante: rinsaldare i legami e il senso di appartenenza a una comunità ristretta, trasmettere stabilità e sicurezza attraverso il ritrovarsi, sempre nello stesso modo, con le stesse persone, con gli stessi ruoli, con certe pietanze preparate secondo certe regole. Un cerimoniale caratterizzato da una elevata prevedibilità e perciò rassicurante.

I rituali sociali connessi al mangiare insieme rappresentano il prendersi cura reciproco, lo scambio e la relazione umana, rispondendo a un bisogno ancestrale. Dovrebbero perciò trasmettere sicurezza e placare l’ansia, ma la realtà delle maggior parte delle persone è molto più complessa, caratterizzata da dissapori familiari, conti in sospeso, perdite, gelosie, aspettative elevate, ansia da prestazione, ansia da invasione nel condividere uno spazio ristretto con parenti non sempre graditi. La realtà è che la maggior parte delle persone si trova a vivere il Natale in una situazione relazionale che non è quella che desidererebbe. Si festeggiano i buoni sentimenti, l’armonia familiare, è richiesto un atteggiamento rilassato e sereno, e provare emozioni negative fa sentire a disagio. La retorica del Natale commerciale, poi, peggiora ulteriormente la sensazione di essere soli e sbagliati.

Leggevo un post su Facebook della giornalista Selvaggia Lucarelli, diceva così: “Il Natale è l’unica festa che amplifica tutto, come le droghe. I conflitti familiari diventano guerre, le mancanze diventano vuoti giganteschi, la serenità diventa felicità assoluta. Non puoi ignorare niente a Natale”. Sotto, 1.138 commenti, e quasi tutti esprimevano, in sostanza, lo stesso sollievo: “Grazie per averlo scritto. Pensavo di essere sbagliato, di essere l’unico a sentirmi così. Mi sento meno solo”.

 

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Signorina lei ha bisogno d'affetto

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