27-Dec-21 · Comunicazione e relazione interpersonale
"Devi essere spontaneo!" e altre comunicazioni paradossali
I messaggi comunicativi paradossali mettono l'interlocutore in una posizione impossibile: qualunque cosa faccia, viene giudicata sbagliata.
Nel mio lavoro di psicoterapeuta con le coppie e con le famiglie, mi succede spesso di trovare le persone impantanate in schemi di comunicazione paradossale da cui non sembra esserci via d’uscita.
Il tipo di messaggio paradossale che ascolto più frequentemente è senza dubbio «Devi essere spontaneo!», con i suoi conseguenti corollari: «Se devo chiedertelo allora non lo voglio più», «Se lo fai solo perché te l’ho chiesto, allora non vale». Altre varianti di messaggio paradossale sono, ad esempio, «Dovresti amarmi», «Dovresti desiderarmi», «Voglio che tu mi domini», «Non essere sempre così obbediente!», «Dovresti accompagnarmi perché ti fa piacere come a tutti i mariti, e non perché te lo chiedo io», «Dovresti andare alle partite di nostro figlio perché ti piace, come a tutti i genitori, e non per dovere».
Si tratta di una comunicazione paradossale perché richiede all’altro un comportamento che per sua natura non può essere richiesto, e qualunque cosa faccia l’altro, sbaglierà: se non aderisce alla richiesta viene accusato (di non amare, non provare desiderio, non aver voglia di passare del tempo insieme, non avere mai un pensiero gentile come fare un regalo…), ma se aderisce, viene accusato ugualmente di averlo fatto solo perché gli è stato chiesto e non in modo autentico.
Impossibile essere spontanei su richiesta, perché se obbedisco alla richiesta, appunto non sono più spontaneo!
Nelle coppie lo vedo molto spesso. Più frequentemente è la donna a lanciare questo tipo di messaggi al partner: «Non mi proponi mai di fare un giro da qualche parte», «Vorrei che qualche volta mi portassi una sorpresa, un regalino», «Sono malata e tu dovresti preoccuparti di accompagnarmi ai controlli».
Il messaggio più o meno sottinteso è però: dovresti farlo spontaneamente! E nel momento in cui il partner, compreso il bisogno, si muove finalmente per rispondere e propone il giro, porta il regalo, propone di accompagnare, viene respinto perché il gesto, non essendo spontaneo, è considerato senza valore ed è accompagnato da considerazioni come «Se mi amassi, se mi volessi bene, non ci sarebbe bisogno di chiedertelo».
Io invece penso proprio l’opposto, che è proprio quando l’altro fa per noi qualcosa che gli chiediamo anche se spontaneamente non gli verrebbe di farlo, anche se lo disturba, se richiede uno sforzo, se è lontano dal suo modo di essere, dalle sue abitudini e dai suoi interessi, è proprio lì che semmai dimostra ancora di più l’amore e l’affetto.
Facile appagarsi reciprocamente quando bisogni, personalità, valori, interessi sono molto simili, facile intuire cosa vuole l’altro e aderirvi, senza neanche chiederselo. Quando invece c’è una distanza, una differenza, si rende necessario chiedere, e se l’altro risponde, mi verrebbe anzi da considerarlo tanto più segno di amore, quanto meno il gesto è fatto spontaneamente, e magari senza averne voglia.
Il problema della comunicazione paradossale è che mina il dialogo e invalida la relazione. Inoltre, la richiesta di provare qualcosa che per sua natura è spontaneo, porta di solito all’effetto contrario: sforzarsi di avere voglia di qualcosa, di provare un desiderio a comando, è il miglior modo per non riuscirci.
Anche il genitore che dice al figlio che sta facendo i compiti «Però così non va bene, dovresti essere felice di svolgere i tuoi compiti!», manda un messaggio paradossale. Piuttosto che prendere l’aspetto positivo che il bambino faccia comunque i compiti anche se non graditi, lo critica confutando emozioni e sentimenti, inducendo senso di colpa e frustrazione che allontaneranno ancora di più il figlio dal piacere per lo studio.
Tutti siamo esposti nella vita quotidiana a messaggi paradossali, senza particolari conseguenze negative. Diventa però una modalità pericolosa quando domina le interazioni nella coppia e nella famiglia, ed è tanto più dannosa quanto più è rivolta a un bambino, in una condizione di dipendenza dall’adulto.
Se un adulto riconosce più facilmente l’assurdità della richiesta paradossale e può confutarla e cercare di sottrarsi a questo schema disfunzionale, un bambino invece non è in grado di farlo: riceve messaggi contraddittori, è confuso, si sente sempre inadeguato, non sa come deve comportarsi per avere l’approvazione dell’adulto. Secondo alcune teorie, una comunicazione pervasiva e prolungata nel tempo di questo tipo potrebbe favorire persino disturbi psicotici molto gravi come la schizofrenia.