07-Jul-19 · Comunicazione e relazione interpersonale
«È colpa tua!». Vittimismo e manipolazione psicologica
La manipolazione psicologica attraverso vittimismo e colpevolizzazione dell'altro sposta l'attenzione dalle proprie mancanze.
In un articolo precedente avevo parlato delle persone che si sentono sempre in colpa. Oggi invece vorrei occuparmi di quelle che la colpa la danno agli altri.
Può trattarsi di singoli episodi, eventi o situazioni che tuttavia hanno una portata drammatica e la cui responsabilità è addossata su un individuo con effetti devastanti. Ricordo il padre che accusava la figlia: «È colpa tua se tua madre si è ammalata e poi è morta, se tu non fossi nata non sarebbe successo»; la moglie che rimproverava il marito rimasto invalido dopo un incidente: «È colpa tua e dei tuoi problemi se ora non posso passare la vecchiaia come volevo»; la madre che riversava la sua infelicità sul figlio: «Da quando sei nato tu è andato tutto storto, e io neanche ti volevo!». Tutte frasi pronunciate davvero nella mia stanza di terapia e che fanno rabbrividire. Ciò che le accomuna è il dolore bruciante e la mortificazione della persona incolpata, ma anche il dolore dell’altro che si intravede dietro la comunicazione a volte davvero cruda, brutale e insensibile.
Penso al padre del primo esempio, che non aveva mai superato la sofferenza per la malattia e la perdita della moglie e che sfogava la sua rabbia e la sua impotenza incolpando la bambina di otto anni. In tutti questi casi la disperazione, l’infelicità, la rabbia per una malattia o per altri gravi accadimenti, o per un destino ingiusto, vengono concentrati su un colpevole nel tentativo disfunzionale di arginarli e renderli più tollerabili.
Diverso il caso delle persone per cui incolpare gli altri è una modalità pervasiva, utilizzata costantemente in più occasioni quotidiane, un generale atteggiamento vittimistico volto ad allontanare da sé le responsabilità e ad ottenere attenzione o benefici.
Suscitare negli altri sensi di colpa è anche un modo per manipolarli. Spesso non viene fatto in modo esplicito ma con una modalità più subdola, indiretta e ambigua, come nelle comunicazioni di tipo passivo-aggressivo: «No, non ti preoccupare per me…tanto sono abituato a dovermi sempre arrangiare da solo», «Vai, esci pure, se mi sentirò male chiamerò tua sorella, che poverina ha già tanto da fare», «Se mi volessi bene veramente non dovresti neanche sentire il desiderio di uscire con i tuoi amici, comunque se proprio ne hai bisogno vai, vai».
È tipico dei narcisisti suscitare negli altri sensi di colpa, farli sentire sbagliati facendo leva sui loro punti vulnerabili, convincerli di quale sia il modo in cui dovrebbero comportarsi e, peggio ancora, di cosa dovrebbero provare e sentire. Tutto questo per deviare sempre da sé le critiche o le richieste e rovesciarle sull’altro, alimentando la sua insicurezza e il suo senso di inferiorità. Purtroppo l’altro, per sue motivazioni profonde, cade nella trappola e aderisce alla colpa, tentando affannosamente e inutilmente di giustificarsi e di ottenere il consenso del narcisista, che idealizza, sperando di sentirsi finalmente ‘giusto’ e di riparare a un senso di inferiorità che è antico e preesistente alla relazione.
La manipolazione psicologica attraverso il senso di colpa è profondamente destabilizzante: costringe il manipolato a rinunciare alle sue percezioni, ai suoi punti di vista. Anche se l’accusa è palesemente infondata, la vittima prediletta del manipolatore continua a tentare di spiegare e giustificarsi perché non può tollerare il suo giudizio negativo, ha bisogno di essere approvata, considerata e amata e sviluppa un senso di incapacità e indegnità per non essere in grado di soddisfare l’altro.
Le accuse di chi manipola invece hanno proprio lo scopo di ferire e indebolire, per avere la certezza di spostare l’attenzione dalle proprie mancanze al comportamento dell’altro e per mantenere alto il senso di sé e il proprio potere. Chi manipola, piuttosto che riconoscere i suoi errori e scusarsi o tentare di riparare, si pone sulla difensiva facendo credere di essere la vittima incompresa da tutti e induce gli altri a comportarsi proprio nel modo che gli confermi ulteriormente di essere una vittima, fino a convincere l’altro che «È colpa tua se io ti offendo». Recitando la parte della vittima, cerca di ottenere quello che non è in grado di avere costruendo delle relazioni sane e paritarie.
Anche la psicoterapia è difficile, perché ovviamente lo stesso schema relazionale viene ripetuto nei confronti del terapeuta. Occorre molta delicatezza per riuscire a instaurare un’alleanza terapeutica che aiuti la persona a riconoscere i meccanismi che mette in atto nelle relazioni, ad ammettere le proprie carenze senza proiettarle sugli altri, ad accettare di essere imperfetto, a sentire empaticamente la sofferenza che procura agli altri, a riprendere le redini della propria vita agendo in modo attivo e costruttivo piuttosto che restare immobile nel lamento e nella recriminazione.