06-Jun-22 · Comunicazione e relazione interpersonale
Paura del giudizio degli altri: due strategie per gestirla e superarla
Osservare attentamente il comportamento degli altri e riconnettersi coi propri valori sono due strategie per superare la paura del giudizio.
Quasi tutti i miei pazienti, al di là della problematica per cui chiedono aiuto, riportano il problema del confronto con gli altri e della paura del loro giudizio. Il timore del giudizio degli altri sembra essere una caratteristica propria della specie umana, forse con il fine evolutivo di evitare che il nostro comportamento devii eccessivamente dalle norme del gruppo. Una sua utilità sociale spiegherebbe come mai sia praticamente ubiquitario, presente anche nei più insospettabili, in chi apparentemente vediamo molto sicuro di sé e in chi ci aspetteremmo ne fosse immune, perchè magari in possesso di capacità, doti o qualità che riteniamo invidiabili.
La tendenza a confrontarsi con gli altri e percepirli migliori di sé (più abili, più competenti, più simpatici, più belli, l’elenco è potenzialmente infinito) diventa ancora più accentuata in concomitanza con alcuni disturbi psicologici, come i disturbi d’ansia e depressivi, arrivando a compromettere gravemente la qualità di vita della persona, paralizzandola, inducendola ad evitare situazioni, attività, decisioni, restringendo severamente il suo campo vitale pur di sottrarsi al confronto con gli altri.
Come uscire dalla trappola del confronto paralizzante con gli altri?
In psicoterapia suggerisco ai miei pazienti di provare due strategie, derivanti da due orientamenti teorici diversi e apparentemente in contrasto tra loro e mutuamente escludenti, ma in realtà utilizzabili entrambe anche dalla stessa persona di fronte a varie situazioni quotidiane che le procurano disagio.
Comunemente, a chi teme il giudizio degli altri, si suggerisce in base al buon senso di non badare agli altri, di non farci troppo caso. La prima strategia che suggerisco, invece, e che deriva dalle terapie cognitivo-comportamentali, è all’opposto concentrarsi sugli altri, o meglio sull’osservazione accurata degli altri, condotta in modo deliberato. Così, ad esempio, il ragazzo che si sente impacciato nei luoghi pubblici e sostiene che invece tutti gli altri siano disinvolti e sicuri di sé e possano deriderlo, avrà il compito di osservare e prendere nota del comportamento degli altri nelle situazioni sociali, come potrebbe essere stare in fila alle poste o al supermercato. Osservando con attenzione sguardi, gesti, posture, espressioni verbali e non verbali, inevitabilmente prenderà atto che molti altri sono in condizioni simili alle sue e non così disinvolti come crede. Inoltre, come utile effetto collaterale dell’osservare con cura i comportamenti degli altri, si accorgerà che gli altri sono molto meno interessati a guardare lui e giudicarlo di quanto paventasse, e di solito sono perlopiù intenti a pensare ai fatti propri.
Altro esempio.
La signora che non guida l’auto perché pensa di essere imbranata e ha paura di essere derisa, o peggio, insultata dagli altri automobilisti, dopo un periodo di scrupolosa osservazione dei comportamenti altrui alla guida, dovrà prendere atto che molti altri guidano con esitazioni, incertezze, errori, che non tutti sono scattanti e sicuri come li percepisce lei, e che è quanto meno in buona compagnia. In questo modo, attenuando il giudizio eccessivamente severo verso sé stessi, il confronto diventa meno avvilente o ansiogeno e più praticabile. Le convinzioni e credenze distorte sugli altri vengono quindi sostituite da altre più flessibili.
L’altra strategia è apparentemente opposta e consiste invece nel concentrarci sui nostri valori e obiettivi, su ciò che per noi è importante, senza entrare nel merito se siano fondati o meno i paragoni che facciamo con gli altri e i nostri timori di essere giudicati negativamente. Si applica più facilmente quando il nostro timore del giudizio altrui ci sta impedendo di fare qualcosa che per noi è importante e a cui diamo valore. Questa modalità di affrontare pensieri o emozioni disturbanti deriva della terapia Act–Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno nell’Azione, che appartiene sempre all’ambito cognitivo-comportamentale ma ha un approccio molto diverso e non va a cercare di modificare le nostre convinzioni distorte mettendole in discussione.
Poiché, appunto, il timore del giudizio è estremamente comune e quasi inevitabile, scegliamo in questo caso di non combatterlo ragionando, ma accettiamo che sia presente, come prodotto naturale della nostra mente che in parte non possiamo comunque controllare. Lasciamo che si manifesti quindi, ma evitiamo di lasciarci completamente catturare dal pensiero del giudizio degli altri; lo manteniamo sullo sfondo, ma facciamo venire in primo piano un altro pensiero: per quale scopo sono qui? Perchè per me è importante fare questa cosa? Quale valore per me importante sto seguendo?
Dobbiamo insomma riconnetterci con ciò che per noi ha senso, ciò a cui teniamo, tanto che diventa poi trascurabile come ci giudicano gli altri e tanto da poter pensare, ad esempio, “Non importa se faccio una brutta figura, se sbaglio, se mi criticheranno: è più importante il motivo per cui faccio questa cosa”, “Posso tollerare di sopportare anche la mia ansia del giudizio degli altri, ne vale la pena se posso fare quello che per me è importante”. Così il ragazzo che si vergogna di leggere la sua poesia davanti alla classe pensando che sicuramente gli altri saranno stati più bravi, trova il coraggio di farlo concentrandosi su di sé, sul senso del suo lavoro, sulla passione con cui lo ha fatto, sul messaggio che vuole trasmettere con le sue parole. La paura di balbettare ed essere deriso è sempre lì sullo sfondo, il rischio che accada è messo in conto e tollerato, ma la concentrazione è spostata dentro di sé, sul significato che per lui ha quel lavoro.