23-Nov-24 · Comunicazione e relazione interpersonale
Psicologia della pubblicità: come veniamo persuasi a comprare
Nella comunicazione pubblicitaria nulla viene lasciato al caso e la psicologia vieneutilizzata per attrarre e persuadere il consumatore.
Stavo per cascarci pure io. Avevo letto che oggi, 16 gennaio, ricorre il Blue Monday, ovvero il “Lunedì più triste dell’anno”, e stavo per farne un pezzo indagandone gli aspetti psicologici quando, nel raccogliere informazioni a riguardo, ho scoperto che non si tratta di un fenomeno osservato in psicologia ma semplicemente di una invenzione pubblicitaria escogitata da un’agenzia di viaggi per promuovere la prenotazione di vacanze in questo periodo dell’anno. Praticamente, una bufala. E così ho colto l’occasione per scrivere un pezzo sulla pubblicità! In tv, in radio, su Internet, sui social network, nei giornali, nei cartelloni, nei manifesti: la pubblicità è onnipresente. In certi casi è chiaramente percepibile, in altri meno: anche il modo di disporre la merce su uno scaffale o su un altro è, ad esempio, una forma sottile di pubblicità. Nulla è casuale in un contenuto pubblicitario: le parole, le immagini, i colori, la musica, tutto viene deciso accuratamente in base all’effetto che si desidera ottenere.
La psicologia pubblicitaria si occupa di tutti questi aspetti e cerca di prevedere le tendenze di consumo e di indurre nel pubblico un bisogno, utilizzando strategie piò o meno manipolatorie. Francamente non nutro grande simpatia per questa branca della psicologia, trovo anzi che l’espressione stessa “psicologia pubblicitaria” sia sostanzialmente un ossimoro, perché da clinica tendo a vedere nella psicologia uno strumento per liberare le persone, mentre la pubblicità persegue un obiettivo contrario, ovvero persuadere più o meno subdolamente a comprare un prodotto e ottenere il massimo profitto possibile. Sono però a maggior ragione interessata a comprendere e svelare i meccanismi della pubblicità, tanto che, invece che cambiare canale nelle pause pubblicitarie come fa la maggior parte delle persone, io invece proprio lì aguzzo l’attenzione, perché mi piace osservare come viene costruita una pubblicità e sperimentare che effetto fa su di me e quali corde va a sollecitare per risultare attraente. Tutti abbiamo in mente qualche spot pubblicitario che ci ha colpito particolarmente, che ci disturba, o a cui siamo affezionati.
Quali strategie usa la pubblicità per catturare la nostra attenzione, per coinvolgerci e per convincerci ad acquistare un prodotto? Eccone alcune:
-La ripetizione: più un contenuto viene presentato, più rimane impresso, più ci diventa familiare, più abbiamo l’impressione che tutti utilizzino quel prodotto, più ci convinciamo che sia buono o addirittura indispensabile.
-La scarsa disponibilità: far credere che il prodotto sia disponibile in quantità limitata o per un tempo limitato (l’ormai famoso “solo fino a domenica!”) innesca il desiderio di accaparrarselo e l’impressione di aver fatto un affare.
-La targettizzazione: si individua una fetta di pubblico in base a determinate caratteristiche di età, sesso, interessi, lavoro, studio ecc. e si propone un certo prodotto solo a quella fetta, adeguandosi nella formulazione del messaggio pubblicitario ai gusti, alle opinioni, agli interessi di quel gruppo.
-La pubblicità colpisce sia i nostri processi psicologici coscienti come la percezione, l’attenzione e la memoria attraverso un linguaggio razionale, sia altri aspetti meno consapevoli come bisogni e affetti, attraverso un linguaggio emozionale e suggestivo. Alcuni dei bisogni umani su cui fa leva: il bisogno di sicurezza, il bisogno di considerazione, il bisogno di avere potere, il bisogno di affermazione personale, il bisogno di legami familiari, il bisogno di sentirci diversi e unici. Fa leva anche su emozioni e sentimenti spiacevoli come la paura, l’ansia, l’insicurezza, il senso di inadeguatezza, proponendo una soluzione magica rappresentata dal possesso del prodotto.
-L’uso dei colori: il colore determina il primo impatto tra il prodotto e il consumatore e pesa molto sulla reazione, addirittura per il 90%. Bianco e blu trasmettono l’idea di pulizia, freschezza, fiducia e tranquillità (prodotti per l’igiene della casa, farmacologia, sanità); verde e marrone ricorrono spesso in tutti prodotti di cui si vuole sottolineare la genuinità, l’equilibrio e il carattere salutare (marchi alimentari, servizi per salute e benessere); rosso, arancione e giallo predominano nelle pubblicità di prodotti che hanno a che fare con l’energia, la forza, il dinamismo, il potere, la passione, la libertà, la socialità (aziende di energia, banche, ristorazione, sport); nero e oro vengono spesso usati per trasmettere eleganza ed esclusività (alta moda, beni di lusso, hi-tech); il rosa richiama amore, calma, femminilità, dolcezza, sensibilità (prodotti per il corpo e l’igiene, prodotti per bambini, settore dolciario).
-Le associazioni simboliche. La pubblicità è costruita in modo da elicitare nel consumatore un’associazione simbolica: in base alla scelta di immagini, parole e musica un’automobile può essere associata a prestigio, a sicurezza, a potenza, a indipendenza; una bevanda può essere associata a dinamismo, a relax, a socialità. L’oggetto perciò diventa uno status symbol in base ai valori a cui viene associato nella pubblicità. Di solito l’associazione è implicita: non viene detto esplicitamente che se acquisti quel prodotto sarai seducente o felice o di successo, ma la scena che viene allestita fa passare questo messaggio.
–L’identificazione: il consumatore deve potersi identificare con il protagonista della pubblicità per sentirsi coinvolto emotivamente, perciò la scelta di età, aspetto, etnia e altre caratteristiche degli attori di uno spot è attentamente calibrata in base al pubblico che vuole conquistare.
-La rappresentazione di un ideale: una famiglia perfetta, una carriera brillante, un aspetto magnifico: la pubblicità mette in scena situazioni che immaginiamo come ideali e che in qualche modo pensiamo di poter raggiungere attraverso il possesso o l’uso di quel prodotto.
-L’uso di immagini forti (per drammaticità, per singolarità, per violenza) al solo scopo di colpire anche in negativo e imprimere nella mente un marchio o suscitare curiosità.
-Usare un linguaggio con connotazioni positive ma ambiguo, giocando sul significato che assumono le parole in base al contesto, dando informazioni incomplete, mettendo in risalto solo le caratteristiche più attraenti del prodotto, tanto che si usa la definizione di “esche linguistiche”. Spesso di tratta di slogan, frasi brevissime che agganciano più direttamente la nostra parte emotiva.
-L’uso di storie: una storia, piuttosto che la descrizione del prodotto, è più coinvolgente, si ricorda più facilmente, suscita più facilmente emozioni e identificazione del consumatore e siamo più propensi a crederci, rispetto alla presentazione di un elenco di dati o di una statistica.
Conoscere queste e altre strategie usate dai pubblicitari permette di esercitare e sviluppare una capacità critica, evitando di subire passivamente una comunicazione persuasiva e allenandosi ad osservare, porsi delle domande, dubitare, avere una percezione più lucida e realistica di quanto ci viene proposto.