Scelta del partner e tipo di relazioni che instauriamo sono influenzati inconsciamente dalle esperienze vissute nella nostra famiglia di origine.
“La maggior parte di noi passa anni interi a dire ad amici, terapeuti, coniugi e confidenti tutto quello che avrebbe dovuto dire ai genitori e ai fratelli, le persone che più avevano a che fare con certi nostri problemi”: è una frase dello psicologo J.L. Framo che amo particolarmente, perché profondamente vera e in grado di sintetizzare l’importanza della nostra famiglia d’origine nell’influenzare scelte e comportamenti.
Le difficoltà che incontriamo oggi nella coppia, nella famiglia o con noi stessi possono essere lette come tentativi riparativi di correggere, padroneggiare o cancellare antichi schemi relazionali provenienti dalla nostra famiglia d’origine. Nelle relazioni strette con il partner, con i figli o con altre persone significative, cerchiamo di risolvere conflitti del passato: questo ci porta a vedere gli altri non per come essi sono realmente, ma come attraverso una lente deformante, influenzata da antichi fantasmi.
La stessa scelta del partner è solo apparentemente libera e casuale; in misura maggiore o minore, un certo partner viene sempre scelto perché, attraverso sue caratteristiche, qualità o difetti, consente di controbilanciare, o negare, o anche rinforzare la rappresentazione interna di uno o di entrambi i nostri genitori: “Le persone in genere non scelgono il partner che vogliono; prendono quello di cui hanno bisogno” (J.L. Framo). Più le relazioni nella famiglia d’origine sono libere da conflitti, più la scelta del partner è relativamente libera, senza costrizioni a legarsi (o a non legarsi) a un tipo determinato di persona. Più sono presenti problematiche originarie di deprivazione, abbandono, rifiuto, più portiamo dentro di noi un modello interno (ad esempio, la relazione conflittuale tra i nostri genitori) con cui confrontiamo le relazioni coi nostri partner e che possiamo tendere a ripetere, anche malgrado ogni nostro proposito contrario. Nelle relazioni attuali tendiamo infatti a riproporre il modello appreso: anzi, inconsapevolmente forziamo la relazione attuale perché si adatti a quella che abbiamo interiorizzato. Purtroppo le scelte di oggi, invece che riparare il dolore passato, possono portare ad intensificarlo. Alcune persone si legano continuamente a partner che le faranno inevitabilmente soffrire, come a volere dimostrare che non c’è altra scelta. Alcuni temono di diventare come un genitore che valutano negativamente e sono costretti per tutta la vita ad essere diversi dal genitore e non liberi di essere sé stessi. Oppure, cercano disperatamente di creare una relazione di coppia diversa da quella dei propri genitori. Finendo invece, spesso, per riproporla uguale.
La richiesta che viene fatta al partner è di riempire i bisogni a cui i nostri genitori non hanno dato risposta. Scegliamo perciò un partner abbastanza diverso da loro, nella speranza che possa darci ciò che non abbiamo avuto, ma anche abbastanza simile, per poter riprodurre la situazione originaria. Se abbiamo vissuto un senso di abbandono da parte dei nostri genitori, cercheremo quindi un partner che in parte inneschi quella stessa sensazione, quel rischio di abbandono, per provare stavolta a padroneggiarlo; una situazione perciò difficile, in cui il rischio che si ripeta l’antico dolore è elevato, e anzi possiamo essere noi stessi, per una convinzione di ineluttabilità, a guidare la relazione verso la direzione temuta, come a dire “Visto? Lo sapevo…”.
La famiglia di origine è la forza più potente nell’influenzare le successive scelte di vita, ma le sue eredità negative non si trasferiscono in modo così ineluttabile nel presente: anche chi ha avuto gravi traumi emotivi nella propria vita familiare passata non è necessariamente condannato a nuove relazioni disturbate o fallimentari. Altre esperienze nel corso della vita fungono infatti da fattori protettivi che compensano gli effetti deleteri di una famiglia disturbata: relazioni positive, sostegno sociale, tratti di personalità, abilità personali.
Soprattutto, quando ci rendiamo conto che i nostri genitori ci amano nel modo in cui loro sono capaci di amare, e non nel modo in cui noi vorremmo essere amati, smettiamo di rincorrere o rivendicare ciò che pensiamo dovrebbero darci, e accettiamo ciò che possono dare. Quando ci rendiamo conto che i loro errori possono derivare da una loro storia di sofferenza, da deprivazioni che hanno subito, e capiamo che sono persone, la nostra rabbia si attenua, possiamo comprendere e perdonare, vedere le loro carenze e accettarle come frutto, a loro volta, di esperienze di dolore. Questo libera energia psichica che possiamo investire per noi stessi, per il partner, per i figli, permettendo relazioni più vitali e basate su aspettative più realistiche.