Gli adulti spesso fanno paragoni tra i bambini per spronarli a migliorare, ma in questo modo provocano solo rabbia e avvilimento.
«Lucia ha fatto la visita medica. Mh, sì, tutto bene, è cresciuta il giusto» – tono non molto entusiasta– «ma Paola, invece…ho saputo che è arrivata a quaranta chili tondi tondi!», e su quel “tondi tondi” le brillavano proprio gli occhi. E nonna in risposta sospirava sognante: «Eh, quella sì, che bella fiolona (traducibile con “grossa figliola”)!». Tutte le volte, sistematicamente, dopo la visita medica che ci facevano alle elementari, assistevo allo stesso scambio di battute tra mamma e nonna. Il tutto si svolgeva a pranzo, per essere maggiormente in tema. Ora, alle elementari io non mi intendevo di indice di massa corporea, ma avevo comunque già capito che la mia amichetta di giochi Paola non era una “bella fiolona” ma era obiettivamente e pericolosamente in sovrappeso. E ogni volta non capivo perché io che avevo un peso normale (forse una delle poche cose normali tra i numerosi problemi di salute) dovessi risultare, nel confronto, quella che non andava bene. E se la ragione mi faceva vedere lucidamente la realtà, le emozioni però erano molto più confuse e sgradevoli: «Ecco, anche stavolta lei è cresciuta di più, non la raggiungerò mai». Io ero sempre quel tot di chili indietro, e guardavo sconsolata le tagliatelle nel piatto, pensando che, tanto, più di quelle io non sarei riuscita a mangiare neanche sforzandomi.